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”La Sicilia mi ha sempre evocato un mondo altro, visioni assolutamente irreali, grottesche, mostruose, ataviche. La realtà siciliana è forse troppo presente per non far venire voglia di oltrepassarla”. (Roberta Torre, Siciliani tra cinepresa e video, in “Cinemasessanta”, n. 2, mar.-apr. 1996)
Un’uscita molto azzeccata quella de I baci mai dati, che precede di due giorni l’attesa beatificazione di Giovanni Paolo II. La pellicola, che segna il ritorno di Roberta Torre, parla per l’appunto di un miracolo, di una ragazzina che viene creduta santa e della speranza che porta con se questo accadimento, perché ognuno di noi in cuor suo aspetta un piccolo miracolo e ha bisogno di sperare. A partire da avvenimenti esagerati, eppure reali, la Torre ha scovato alcuni elementi cruciali della cultura meridionale e in particolar modo di quella siciliana. Il sud nel cinema, la Sicilia, vive nelle pellicole di Roberta Torre. Delle periferie siciliane e dei loro abitanti si alimenta ancora una volta, lo sguardo della cineasta milanese de I baci mai dati, come in tutte le sue precedenti pellicole da Tano da morire, Sud side Stori, Angela fino a Mare nero. Milanese di nascita, ma palermitana di adozione, la Torre si trasferisce a Palermo nel ’91 scegliendo la Sicilia come luogo della propria esperienza emozionale e artistica. L’incontro con Palermo è stato un vero colpo di fulmine. La regista ha trovato qui un coacervo sterminato di storie, personaggi e soprattutto una cultura – quella del proletariato urbano – vitale e attivo, mai descritto con uno sguardo così raffinato e personale.
Con I baci mai dati, ospitato nella sezione Controcampo Italiano della sessantasettesima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e al Sundance, la Torre si aggira con disinvoltura nella periferia di Catania, nel quartiere dormitorio di Librino, e racconta di Manuela/Carla Marchese, un adolescente molto sola, che per attirare l’attenzione dei genitori si inventa di aver visto la Madonna. Ci saranno molti cambiamenti nella famiglia di Manuela e da quando farà i miracoli tutti cominceranno a mostrare un certo interesse nei suoi confronti; ma alla fine, qualcosa di prodigioso e portentoso forse, succederà per davvero… La Torre gioca ironicamente come di consueto, con immagini da videoarte (vedi il bellissimo incipit e i sogni di Manuela) e continui rimandi estetici alla pop-art (i toni vivaci della fotografia, dei costumi e delle scene), oltre che sulla commistione di generi diversi. Il suo è un cinema che ha bisogno di contaminazioni di linguaggi diversi per funzionare, anzi questo meccanismo stilistico serve per dar vita a un mondo immaginario e reale che riesce a spandersi sugli spettatori e a gettarli nello stupore. La Torre è riuscita a cogliere nella sua profondità più vera e popolare la vita e la gente siciliana, il popolo, nel senso antropologico del termine. Ma parla anche dell’Italia di oggi I baci mai dati, un Italia allo sbando, dove per aver un lavoro devi sperare in un miracolo o in una conoscenza miracolosa come quella di un onorevole. Ma c’è anche chi chiede come miracolo di andare al Grande Fratello, perché vuole il successo subito. L’attualità del cinema della Torre si riferisce anche nel modo in cui disegna ironicamente – del film è, come di solito, anche sceneggiatrice – i personaggi femminili. Donne che si agitano per mantenersi giovani e belle, la parrucchiera/fattucchiera che “cura la testa dentro e fuori” delle sue clienti, donne esplosive, molto contemporanee che si fanno triturare dall’estetica televisiva dell’apparire.
Opera viva e palpitante, I baci mai dati, è capace di muoversi in maniera mai superficiale e banale, seppur non è esente da alcuni difetti. A cedere è purtroppo la scrittura del film. Se l’idea iniziale del plot è intrigante, così come le qualità della messa in scena non è mai da meno, capace sempre di proporre un punto di vista di notevole sensibilità estetica, tuttavia i volti e le storie interessanti, dei tanti ottimi protagonisti dello script, finiscono per disperdersi nell’insieme dell’opera. Privo, infatti, di una sceneggiatura forte che sappia coordinare un’idea centrale, I baci mai dati, perde il nucleo portante della storia nella seconda parte del film, dopo un inizio così esplosivo. Comunque, sia pur con alcuni tentennamenti, la pellicola conferma la coinvolgente estrosità creativa della nostrana brava cineasta. Ed è proprio di opere italiane di questo genere che si sente effettivamente la necessità.
VOTO: 3,5/5
Articolo del
06/05/2011 -
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