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Richard Curtis
Love Actually
2003
Universal Pictures
di
Manuela Cacciotto
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Dopo il successo strepitoso de “Il diario di Bridget Jones” e “Quattro matrimoni e un funerale” Richard Curtis ci riprova come regista in Love Actually (nei citati film è stato sceneggiatore), una commedia piacevole e simpatica che concede due ore di buon umore. Il punto di partenza e quello d’arrivo coincidono nell’aereoporto londinese di Heatrow: metafora di un viaggio che si apre al mondo anche se di fatto si realizza in una atmosfera che è tutta occidentale. Si alternano in Love actually svariate storie, da quella del Primo Ministro Britannico (un Tony Blair ben contraffatto da Hugh Grant) a quella del patrigno Daniel, disperato per la scomparsa della moglie e preoccupato per il primo amore del figliastro Sam, alla crisi dello scrittore Jamie, all’amore platonico di Sarah, ad altre storie di amori ricercati, negati o rimpianti semplicemente: gli stereotipi non mancano di certo e l’intreccio è indubbiamente mieloso e scontato, ma i dialoghi sono efficaci e l’ironia e la simpatia dei personaggi sono accattivanti; inoltre l’alternarsi delle storie, che solo sul finale si vedono in qualche modo ricongiungersi, rende il film ancora più “soft”. Nessuna delle singole vicende infatti “riempirebbe” la scena ma nella loro unione riescono a dare una certa organicità al film. Non siamo di certo di fronte ad un’opera d’arte o ad un lungometraggio che farà la storia del cinema, tutt’altro. Love actually è una commedia senza pretese ma comunque simpatica, il cui slogan è: “l’amore è tutto ciò di cui abbiamo bisogno” e in cui è appunto l’amore, in effetti scontato e un po’ fastidioso, a far andare per il meglio le vicende dei protagonisti. Se si toglie la retorica e l’impropria citazione dell’11 settembre, più irritante che altro, il film di Curtis raggiunge un discreto livello comico. E il pubblico sembra apprezzare.
Articolo del
17/12/2003 -
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