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Harry Potter, ovvero una saga senza fine: sette libri, otto film, milioni di dollari incassati, merchandising che si spreca; una macchina potentissima che ha raggiunto tutto il mondo. Com’è possibile? Beh, credo che la risposta sia nel cuore dei suoi fan e nell'ottima inventiva della sua autrice, la Rowling.
Allontanandoci dalla questione libri, che non è a noi da dissertare in questo frangente, anche se li citeremo, avviciniamoci invece alla questione film, di cui l'ultimo Harry Potter e i doni della morte – Parte II è recentemente uscito nelle nostre sale, mettendo la parola fine a un ciclo durato più di dieci anni. I film della saga hanno visto succedersi vari registi. La scelta iniziale era di dare una continuità a questa saga, nei primi due film, Harry Potter e la pietra filosofale e Harry Potter e la camera dei segreti, il regista unico è Chris Columbus. Questi due film sono caratterizzati soprattutto dall'ambientazione affascinante del mondo magico di Hogwarts, si da largo spazio alle magie e, seguendo la riga dei libri, ci si cimenta nelle prove che attendono i tre protagonisti interpretati da Daniel Radcliffe (Harry Potter), Rupert Grint (Ronald Weasley) e la discussa Emma Watson (Hermione Granger), che nel corso della serie ne ha dato da pensare ai produttori con richieste di cachè per restare come interprete della bionda maghetta.
Era il 2001 quando uscì il primo film seguito l'anno successivo dal secondo e già una piccola frequentazione adulta poteva scorgersi nelle sale. La camera dei segreti non ha tutto il successo sperato però e, quindi, si decide di cambiare bandiera con uno spettacolare Harry Potter e il prigioniero di Azkaban che esce a due anni di distanza diretto da Alfonso Cuaron. Una pellicola più cruda e cupa, ambientazioni dark e aumento esponenziale della violenza psicologica che gli fa guadagnare i minori incassi al botteghino. Nel 2005 esce il quarto film diretto da Mike Newell, si torna un po' alle atmosfere iniziali così come agli incassi dei primi due film, Harry Potter e il calice di fuoco risulta piuttosto confusionario, la svolta dell'uscita di Lord Voldermort tiene più alto il morale ma è chiaro che qualcosa deve cambiare.
Si era partiti da film indirizzati quasi unicamente a un pubblico giovane che avevano affascinato anche i più grandi, passando per Azkaban si era subodorata la potenza del pubblico adulto fino al crash con il calice di fuoco che non regge però il confronto con i suoi gemelli per quanto spettacolare nella sua tenuta fedele al libro. La svolta sarebbe dovuta arrivare quindi con il quarto film Harry Potter e l'ordine della fenice, ispirato al libro più sostanzioso di quelli usciti fino a quel momento, risultato ottimo della pellicola di David Yates che riesce a immergersi al meglio nella nuova atmosfera cupa che sta prendendo la narrazione. Con sostanziali tagli al libro se la cava bene, aumenta la suspance e così si arriva a Harry Potter e il principe mezzosangue. Qui iniziano i problemi seri, Harry ormai è cresciuto il tono deve necessariamente diventare più adulto rischiando di non far seguire il tutto ai più piccoli, cosa che è accaduta parzialmente, ma sicuramente Yates ha definitivamente compreso quella che deve essere una regia su un tema così mainstream senza renderlo noioso o troppo massificato. Ed è così che si attesta come unico regista per gli ultimi due film: Harry Potter e i doni della morte, capitolo primo e capitolo secondo, lì in fila pronti per il botteghino. Il primo sofferto e ragionato, più lento, più espressivo, più psicologico, i bimbi al cinema si saranno probabilmente addormentati, ma i grandi ne hanno sicuramente goduto di più.
Per il gran finale ahimè Yeats perde il colpo e, nonostante le numerose note di merito, tra cui il grande e importante lavoro compiuto a livello interpretativo da Alan Rickman (Piton), si comprende che da qualche parte si vuole dare uno spettacolo fuori dal mondo potteriano e più vicino a quello dei Transformers. Risultato? Una battaglia Voldermort – Potter in cui Harry pastoia la faccia senza naso di tu sai chi con una riuscita a dir poco comica. Ma ci si accontenta, è la fine, in qualche modo doveva concludersi, muore chi deve morire con poco pathos in generale, rimane vivo chi deve sopravvivere e alla fine chi non ha letto il libro non capisce un granché di quello che è successo e di chi siano quelle persone in fila al binario 9 e ¾, per non parlare di una Jinny invecchiata male che fa sembrare siano passati quarant’anni da quando l’abbiamo vista giovane e aitante mentre conquista il cuore del mago più famoso del regno magico.
Bisogna certamente dire che l'impegno della sceneggiatura c'è stato sempre in questa saga, facendo tornare vive le scene così ben scritte dalla Rowling, rendendo i personaggi credibili senza farli mai uscire fuori dal loro seminato psicologico, cercando di giocarsi le carte giuste non potendo inserire tutti i dettagli utili a una maggiore comprensione della narrazione. Di certo non un lavoro facile. La macchina mastodontica mossa per questi otto film dimostra come possa essere complesso e spesso insoddisfacente riprodurre degli ottimi libri al cinema senza che, chi ha letto i libri, perda o si dispiaccia per la mancanza di alcuni dettagli. Il lavoro in sé ha un suo plauso, ha dei ricordi importanti nei cuori di tutti, tra cui la morte di Richard Harris (Silente) che verrà sostituito da un ottimo Michael Gambon. In molti sicuramente compreranno il cofanetto della saga che sarà certamente pronto ad uscire il prossimo Natale con una abilissima mossa di marketing.
Si poteva fare di meglio? Evidentemente sì. Non si può affermare che in tutte le pellicole non ci sia qualcosa che entusiasmi e streghi, ma in quelle più adulte si poteva ragionare meglio sulla scelta degli elementi da dare al pubblico. Nonostante tutto, la recitazione dei tre protagonisti rimane quasi del tutto intatta, c'è una crescita ma percepibile in maniera molto labile, sono rimasti attaccati, in fondo, a quei tre ragazzini che si incontrano sul treno al primo episodio. Gli anni hanno giocato sicuramente la loro parte in questa partita, ma credo che questa saga, per quanto rimarrà nel cuore di tutti, lascerà anche un po' di amaro in bocca, specialmente per questo finale che poteva venire molto meglio, che poteva essere qualcosa di più e invece non lo è stato. Dimostrazione quest'ultima, probabilmente, di quanto sia potente il marketing all'interno di lavori che dovrebbero essere principalmente artistici. Come se dei film più ragionati e leggermente meno spettacolari potessero poi perdere qualcosa a livello di incasso e, quindi, si sia sacrificato lo spirito artistico per un guadagno più sicuro.
Alla fine tutti rimarremo legati a Harry Potter e al suo fantastico mondo magico, ma si rileggeranno molto più volentieri i libri piuttosto che rivedersi i film, questo è poco ma sicuro.
Articolo del
04/08/2011 -
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