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Ai più appassionati di fumetti di supereroi sarà nota la frase secondo cui in casa DC Comics si era soliti creare prima il costume, poi il personaggio, mentre in casa Marvel si pensava prima al personaggio, poi lo si ideava graficamente. Detta così brutalmente, sembrerebbe favorire la qualità degli eroi pensati dalla Marvel, piuttosto che quelli della Distinta Concorrenza. In realtà si tratta semplicemente di due concezioni differenti di progettare un supereroe, che riflettono l’epoca in cui ciascuna casa editrice fu fondata.
I personaggi della DC Comics non sono persone più o meno comuni investite dalla “tragedia” dei superpoteri e della responsabilità, sono piuttosto scelte da un Fato superiore a divenire dei simboli, delle leggende viventi. Di qui la regola: costume/personaggio.
Lanterna Verde, quinto supereroe della DC per importanza (dopo Superman, Batman, Wonder Woman e Flash), è un esempio classico. Un Top Gun scavezzacollo, adrenalina-dipendente, scelto da un alieno morente ad assumersi la responsabilità di proteggere l’universo (o meglio, un settore di esso). Era il 1959, era l’ingenuità della Silver Age del fumetto, era la Guerra Fredda, e nasceva questo poliziotto intergalattico verde dal portentoso anello dei desideri (un incrocio tra l’Aladino delle Mille e una Notte e il ranger di un cosmico parco nazionale). Tra l’altro, il concetto di un Corpo universale e multirazziale di super-rangers a protezione del cosmo, già visto in certa science fiction classica, sarebbe stato ancora rispolverato da un noto regista americano, che avrebbe sostituito gli anelli con le spade laser…
Se dovessimo tenere a mente il sopraddetto breve excursus, il film Lanterna Verde di Martin Campbell (Casino Royale), potrebbe tranquillamente essere una pellicola di mezzo secolo fa. Un B-movie hollywoodiano, con un cast di ripiego e non perfettamente in parte (in particolare la coppia protagonista), personaggi sbozzati da una maldestra accetta, qualche battuta ben riuscita qua e là (lampi di una gloria lontana), un generalizzato sense of wonder più desiderato che ottenuto. Purtroppo però non siamo nel ’59, per quanta nostalgia di vintage possiamo avere, e la nostra sete di qualità per i buoni film supereroistici è aumentata da quando il Batman di Christopher Nolan e l’Iron Man di Robert Downey Jr. hanno fatto salire gli standard.
La magnificenza degli effetti speciali non ci basta più, vogliamo sempre più empatia con l’eroe: qui invece si sogna infantilmente sui superpoteri del poliziotto verde (materializzare i propri pensieri non è forse il più grande desiderio dei bambini?), così come i giovani lettori degli anni Cinquanta sgranavano gli occhioni sulla pagine del comic book, ma il personaggio non ci resta sotto pelle…
Sarebbe interessante disquisire a questo punto quanto questa superficialità d’altri tempi con cui è stato trattato il personaggio fosse volontaria o meno: il fatto che, con sommo orrore dello spettatore più riflessivo, alla fine dei titoli di coda si reclamizzino esplicitamente alcuni prodotti legati all’eroe (fumetti, videogiochi, ecc.) potrebbe suggerire che il film voleva semplicemente fare da “sponda” ad un merchandising già fiorente, quindi non era necessario un grande impegno per realizzare la pellicola... Un pensiero da brividi.
VOTO: 2/5
Articolo del
05/09/2011 -
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