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“Aria pura e salubre non ne deve certo mancare lassù, in nessuna stagione: si può misurare la grande forza del vento di settentrione soffiante sui chiusi, osservando l’eccessiva pendenza di pochi pini intristiti contigui alla casa e l’aspetto di una spalliera squallida di spinalbe che tende le sue braccia tutte in una direzione, quasi a chiedere un’elemosina di sole.” (Emily Brontë, Cime Tempestose) Il sodalizio tra cinema e letteratura non è una novità. Fin dai suoi albori il cinema ha attinto a piene mani al materiale letterario. Potremmo ricordare una celebre frase di un certo Sir Alfred Hitchcock a proposito di questo rapporto: “utilizzo libri brutti per farne poi dei bei film…”. Ed è sempre dalla letteratura che arrivano molti dei soggetti presentati alla 68ª edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (vedi Faust di A. Sokurov o Carnage di R. Polanski, solo per citarne qualcuno e non fare un’elencazione di nomi). Non ci ha deluso, Wuthering Heights, anomalo adattamento di Cime tempestose - unico romanzo di Emily Brontë - della regista britannica Andrea Arnold. Atipico, scabro, irregolare, Wuthering Heights, si è portato a casa l’Osella per il miglior contributo tecnico, a Robbie Ryan, direttore della fotografia.
Habitué di Cannes, la Arnold, al terzo lungometraggio dopo Red Road, Premio della Giuria a Cannes 2006 e Fish Tank, anch’esso Premio della Giuria a Cannes 2009, recupera un testo classico di grande successo e ne fa una adattamento cinematografico sui generis. Privilegiando, con una poetica realistica ben definita, la componente di violenza, vendetta, passione e gelosia del romanzo della Brontë, la regista ha voluto tralasciare il côté più romantico e gotico della tormentata e contestata storia d’amore tra Catherine e il trovatello Heathcliff, che invece in molte versioni per il piccolo e grande schermo hanno adattato (ricordiamo almeno quelle più famose: La voce nella tempesta, 1939 di William Wyler, con Laurence Olivier, Merle Oberon e David Ninen e Cime tempestose, 1954 di Luis Buňuel, con Irasema Dilian e Jorge Mistral).
La Arnold confeziona un testo che fa del realismo la sua cifra stilistica, attraverso una estetica antispettacolare, che si spoglia di tutti gli orpelli lavorando di sottrazione con gli elementi narrativi contenuti nel romanzo. La macchina da presa, così, gioca intensamente, sui vuoti e i silenzi e ci rivela attraverso dei dettagli o dei totali la bellezza del paesaggio selvatico. L’aspra brughiera dello Yorkshire, dominata da paesaggi brulli e disperati, con i suoi uccelli e i suoi cani, il cielo e dove il brusio del vento è la sola colonna sonora diegetica ed extradiegetica del film, non è solo lo scenario ideale di questa storia d’amore e morte, ma diviene inquadratura dopo inquadratura uno dei principali protagonisti di Wuthering Heights. Al di là della storia di un amore eterno intralciato dal destino avverso, da una natura selvaggia e soprattutto dalla stupidità e cattiveria degli uomini, Wuthering Heights vuole essere una riflessione su questioni attuali, scegliendo come portavoce del film non a caso un Heathcliff di colore (Solomon Glave/Heathcliff adolescente e James Howson/Heathcliff adulto). La modernità della rilettura di Wuthering Heights sta nell’affrontare temi come il razzismo e la paura del diverso, la prepotenza sulle donne e sulle persone più indifese, pur essendo un dramma d’epoca vittoriana.
VOTO: 3,5/5
Articolo del
24/09/2011 -
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