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Sono passati quattro anni da quando questo piccolo capolavoro di Shane Meadows fu presentato ai festival di Roma e di Toronto. Nel frattempo i giovani protagonisti di This Is England diventavano degli adolescenti/eroi (a cui nel 2010 è stato dedicato lo spin-off This Is England ’86 ), che nonostante “vivano” la loro dura giovinezza all’inizio degli anni ’80, sono una rappresentazione agrodolce dell’adolescenza di chiunque e di tutti i tempi. Un po’ come successe per il cult-movie Trainspotting di Danny Boyle, la struttura del romanzo di formazione permette di raccontare, rievocare un periodo storico e, contemporaneamente, rappresentare la battaglia interiore di un personaggio, la sua ricerca d’identità, di un padre.
Siamo infatti in Inghilterra, più precisamente nelle Midlands, è il 1983 e Shaun (interpretato dal piccolo ma grande Thomas Turgoose) ha dodici anni. È solo e fa fatica ad essere accettato dai suoi coetanei, ma l’incontro con un gruppo di skinhead che lo prendono sotto la loro ala protettiva fa scattare in lui la scintilla del cambiamento e della crescita.
Gli elementi ci sono tutti per raccontare l’Inghilterra di quegli anni: la guerra alle Falklands, la cultura Skinhead (Dr. Martens, jeans stretti, camicie, bretelle, lo ska dei Toots And Maytals), i piccoli negozi gestiti dai pachistani, il nazionalismo, il razzismo. All’immagine di un reale padre assente (morto proprio perché combatté nella guerra contro l’Argentina) si accosta quella metaforica di una Margaret Thatcher insensibile ai problemi di una classe sociale debole, senza speranze per il futuro. E così vengono presentati due personaggi chiave, contrapposti, vittime entrambi di questa situazione, ma con un approccio alla vita che li differenzia sostanzialmente. Sono Woody (Joseph Gilgun) e Combo (), entrambi modelli per il piccolo Shaun che si troverà a dover scegliere uno per escludere l’altro. Risulta quasi scontato citare il cinema realista e impegnato di Ken Loach come influenza per questo film di Meadows, ma è doveroso segnalare un legame interessante: in Sweet Sexteen di Loach il protagonista Liam è un’evidente trasposizione contemporanea di Antoine protagonista de I Quattrocento Colpi di Truffaut, proprio come lo è Shaun che, da solo, gioca su una spiaggia di fronte all’oceano. Da segnalare inoltre la colonna sonora curata da Ludovico Einaudi che presenta sia pezzi del compositore italiano sia alcuni classici dello ska e della musica reaggae, alternando la malinconia, la freddezza e la semplicità con la spensieratezza e l’allegria: proprio come succede in adolescenza.
VOTO: 4/5
Articolo del
05/10/2011 -
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