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Napoli, 1973: Peppino ha nove anni, è bruttino, miope e porta grandi occhiali che lo rendono ancora più risibile. Suo padre (Luca Zingaretti) tradisce sua madre (Valeria Golino), che piomba in una depressione che la porta dritta sul lettino dello psicanalista Fabrizio Gifuni, che saprà trovare la chiave giusta per guarirla. Ma nel frattempo Peppino avrà avuto modo di conoscere e scoprire il deviato e colorato mondo degli zii (Cristiana Capotondi e Libero De Rienzo), dediti a feste stile hippy ove non si disdegnano droghe e rapporti sessuali più che disinibiti. In questo quadro fatto di realtà cosi diverse Peppino riesce perfino a sognare, con un cugino morto che nel suo immaginario personale diventa Superman e che lo porta sul suo mantello in volo sulla città sottostante per offrirgli saggi consigli… La voce iniziale fuori campo assicura lo spettatore che quella cui stiamo per assistere non è una storia sull’infanzia, ma una storia d’amore. In realtà Ivan Cotroneo, che dirige questa sua opera prima tratta dal suo omonimo romanzo, utilizza proprio lo sguardo, metaforicamente miope, del piccolo Peppino per descrivere quegli anni Settanta che sembrano ormai così lontani dai nostri giorni. Nelle ambientazioni, nei vestiti dei protagonisti, nei modi di stare insieme delle persone e soprattutto dei bambini. D’accordo, sembra voler dire il regista, non saranno stati anni formidabili per tutti, ma almeno erano anni in cui le cose si desideravano, prima di ottenerle, ed erano anni in cui, nel bene e nel male, venivi accettato o scartato dagli altri se eri qualcosa e non se possedevi qualcosa (Peppino viene scartato dai compagni nella formazione delle squadre che si affronteranno nella partita di pallone perché ritenuto scarso, oggi Peppino sarebbe accettato o scartato dagli altri se possedesse o meno il telefonino o la Playstation). In quegli anni si poteva sognare di andare a Londra per fare esperienze nuove, per reinventarsi una vita migliore di quella che si poteva fare qui. Oggi andare lontano non è più un sogno, ma una necessità non per avere una vita migliore, ma per avere una vita possibile. C’è dunque un inevitabile filo conduttore che ci porta ad analizzare le differenze tra quegli anni e questi che stiamo vivendo oggi: un filo che però appare troppo sottile, e che non riesce a scavare a fondo in un contesto storico che rimane invece un laboratorio importante dal quale possiamo ancora attingere nuove scoperte. I personaggi hanno poco spessore, perché l’indagine introspettiva del regista si ferma sulla loro superficie senza mai affondare realmente l’analisi. E il limite concreto in cui il film incappa è che alla fin fine stiamo assistendo ad una commedia corale, dove sono tutti protagonisti ma non lo è nessuno. Stiamo assistendo a una semplice storia di un tradimento di coppia, ad una crescita adolescenziale di un bambino che inevitabilmente risente della disattenzione dei genitori, ad una gioventù sognante di grandi cambiamenti, il tutto sullo sfondo di una Napoli che poteva essere qualsiasi altra città. Insomma, sembra non esserci molto di veramente originale: e anche i consigli di Superman non sembrano essere così geniali. Fai sempre ciò che senti di fare, non farti condizionare dalla massa, non omologarti, sii sempre te stesso….Beh, credo che anche un bambino si aspetti qualcosa in più da un supereroe con super poteri, no?
VOTO: 2,5/5
Articolo del
10/11/2011 -
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