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Tra i film presenti all’ultima edizione del Festival del Cinema di Roma, conclusosi il 4 novembre scorso, c’era anche The Lady di Luc Besson, pellicola che inaugurò proprio l’apertura del festival. Un lavoro che sembra incastrarsi a forza nella filmografia del regista se prendiamo come punto di vista il genere. Non più infatti l’azione e la violenza di film come Nikita e Leon, non più l’animazione di Arthur e il popolo dei minimei né l’elemento storico di Giovanna d’Arco o Adèle e l’enigma del faraone, bensì un biopic sulla splendida figura di Aung San Suu Kyi, politica birmana nonché premio nobel per la pace, che per ventidue anni è stata costretta agli arresti domiciliari dalla dittatura presente nel suo paese natale. Si tratta di storia recente, perché è di qualche giorno fa la notizia della candidatura al parlamento birmano della donna la cui liberazione avvenne nel 2010.
Un film ambizioso e rischioso poiché si trova costantemente sul sottile filo della retorica: in poche parole, è difficile non cadere nel già visto in senso “hollywoodiano”, cioè quella superficialità di fondo che può portare dritto a qualcosa di scadente a livello di contenuti, di eccessivamente pomposo senza alcun valore. The Lady, fortunatamente, non arriva a tanto, nonostante non ci siano grandi novità a livello formale, ma sono presenti tre caratteristiche che conferiscono al film quel qualcosa in più che si merita: la tragicità della storia in sé, la contemporaneità di questa storia che porterà Besson ad avere una serie di fortunate coincidenze durante la lavorazione del film e che da al film quell’elemento di “vicenda inconclusa” (proprio perché realmente oggi non sappiamo come finirà), e infine il punto di vista su cui si è voluto soffermare Besson più di tutti gli altri quasi in contrasto con l’internazionalità e la contemporaneità politica della vicenda. Un punto di vista romantico, più umano e familiare, ovvero il rapporto tra Aung San Suu Kyi e suo marito Michael Aris, interpretati rispettivamente (e magistralmente) da Michelle Yeoh e David Thewlis. La storia sembra voler dire che “dietro ogni grande donna si cela un grande uomo” ribaltando un antico detto e conferendo la forza all’eroina femminile ponendo in secondo piano l’uomo. D’altronde se prima abbiamo detto che The Lady è anomalo all’interno della filmografia di Besson, non lo è affatto se pensiamo alla sua attrazione per le figure femminili forti, da Nikita a Adele passando per Matilda, Leeloo e Giovanna D’Arco.
Aggiungiamoci poi che Besson, presente a tutte le prime con la t-shirt della locandina del film disegnata da Obey, ha affermato di aver voluto dare attraverso la realizzazione del film, una visibilità maggiore a questa donna per aiutarla attraverso la sensibilizzazione del “grande pubblico” occidentale: ora possiamo tranquillamente immaginarcelo pronto a ricevere la celebre statuetta dorata.
VOTO: 3/5
Articolo del
30/11/2011 -
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