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Quando si parla di arte post-moderna (tout court: musica, cinema, pittura, ecc) gli argomenti di discussione più frequenti si fondano su alcune domande: “Quanto c'è di nuovo in questa opera?”, “A chi si ispira mister x con il suo lavoro y?” e così via. Il più delle volte il dibattito termina con una delle parti che si arrende ad una ineluttabile (!) evidenza: “ah, non si fanno più le cose di una volta” o una delle sue possibili varianti. Il fatto che il tutto possa essere applicato anche al resto delle vicende umane è un'altra storia... e non ci va di affrontarla ora. Era, però, importante fare questa premessa: Midnight in Paris, l'ultima fatica di Woody Allen, aldilà della trama, della fotografia e dei movimenti della macchina da presa è un film che sostanzialmente parla di questo.
Gil (Owen Wilson), l'ennesimo alter-ego di Allen, è infatti il protagonista di una surreale(ista) avventura nelle (fin troppo magiche) vie di Parigi che lo porterà ad affrontare i suoi miti del passato: da Hemingway a Picasso, dalla Stein a Dalì finendo con Buñuel. La modalità con la quale avverranno questi confronti è uno degli assi nella manica del film - e sarebbe un peccato rovinare la sorpresa a chi preferisce andare al cinema scevro di spoiler e fastidiose anticipazioni, perciò non lo faremo - ma non è certamente, come intuibile da quanto detto finora, il punto focale del film. Una costante lotta tra un mondo a cui è difficile appartenere ed un altro facilmente “mitizzabile” ma, per ovvie ragoni, altrettanto irraggiungibile. E' qui che si gioca la partita di Midnight in Paris. Un match (point) senza omicidi, e nel quale chi prova a giocare sporco finisce alla ghigliottina. Un incontro che è gioco di incontri e di riflessione. Non da dove veniamo, forse non dove andiamo ma sicuramente dove restiamo e come viviamo. Sotto la rarefatta illusione di una vita perfetta (la coppietta in viaggio con i genitori milionari o la Parigi incantata e così lontana dalla Barcellona di Inarritu) e la partitura delle (in)costanti spassose gag - aldilà di quanto effettivamente valido sia il materiale filmico - Allen da vita ad un saggio filosofico sulla contemporaneità. Il che, in ogni caso, non è roba da poco.
VOTO: 3,5/5
Articolo del
12/12/2011 -
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