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Siete delusi dai nostri politici perché pensate siano generalmente incapaci e quasi sempre corrotti? Giusto! E pensate invece che altrove la situazione sia diversa? Sbagliato! Sotto certi punti di vista tutto il mondo è paese, ed anche nella “giovane” democrazia americana esiste il lato oscuro del potere, che poi tanto oscuro non è. Prova ad illuminarlo il bel Clooney, aspirante presidente degli Stati Uniti d’America, che si gioca la vittoria nelle primarie dell’Ohio, supportato dal giovane guru della comunicazione (un efficace Ryan Gosling) e dal più esperto e leale Philip Seymour Hoffman. E per farlo sceglie di puntare la cinepresa indagatrice dietro le quinte del Partito Democratico: il quadro che emerge in nulla sembra differire da quello che sarebbe emerso se avesse scelto come terreno di analisi quello del Partito Repubblicano. Anzi, il primo, attraverso gli inganni, le lotte di potere, gli scandali personali dei suoi leader, sembra sempre più voler assomigliare al secondo. Tutto qui? Sì, ma non è poco. Perché in realtà il percorso del racconto cinematografico, già pièce teatrale, si snoda su diversi binari che non sono così scontati e banali come sembrerebbero a prima vista. Ad esempio allorché Clooney, nel mettere in risalto la falsità del personaggio privato rispetto al personaggio pubblico, evidenzia una differenza culturale che per noi italiani dovrebbe essere messaggio da carpire come un tesoro, e cioè che la società è più importante dell’individuo. Così, durante un’intervista in cui un giornalista chiede al probabile futuro presidente se è favorevole alla pena di morte, il democratico Clooney risponde di no: certo, si vendicherebbe di un eventuale stupratore di sua moglie, ma lo farebbe come individuo, e per questo sarebbe pronto a pagarne le conseguenze. Una società, invece, non può e non deve vendicarsi. Vi sembra poco, facendo un parallelo con la nostra dominante cultura contemporanea, dove chi commette un crimine, di qualsiasi natura, è spesso convinto di farla franca e comunque è sempre pronto a scaricare le responsabilità su altri? La decadenza morale in cui annaspa la politica è ovviamente una decadenza che coinvolge tutti i settori della società, compresi i media americani, che dovrebbero rappresentare le sentinelle del popolo ed i guardiani del potere, ma anch’essi visti (attraverso il personaggio di Marisa Tomei) come cinici e spietati, alla sola ricerca dello scoop più che della verità. Insomma, il film di Clooney non svela grandi novità o ignoti intrecci di malcostume che si celano dietro la politica, anche perché noi italiani a questi siamo fin troppi abituati e dunque fin troppo disillusi. Però lo fa con raffinatezza, senza cadere (eccessivamente) nel qualunquismo, rischio altissimo per il contenuto del film. Lo fa mostrando un credibile disagio verso il degrado della democrazia cui assistiamo inermi in questi anni, come spettatori passivi di un fiume straripato che ha da tempo rotto gli argini, inondando ogni sfera pubblica e privata delle nostre vite e lasciando dietro di sé solo acqua stagnante e malsana. Lo fa rafforzando, da buon americano, l’idea che, se esiste una correzione di rotta da quel sentiero errato che tutte le democrazie occidentali hanno intrapreso (guerre per esportare democrazia, violenze ambientali, crescenti disparità tra ricchi e poveri) quella correzione è contenuta negli alti principi della Costituzione americana. Sarebbe il caso di accettare il suo messaggio: perché, in fondo, anche la nostra Costituzione non è affatto male, se anche da noi se ne riuscissero a difendere i valori e magari anche a metterli in pratica!
VOTO: 3/5
Articolo del
21/12/2011 -
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