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Martin Scorsese
LOST & FOUND - George Harrison: Living in the Material World
Documentario, durata: 208', Regno Unito/U.S.A.
2011
Grove Street Pictures, Spitfire Pictures, Sikelia Productions
di
Andrea Belcastro
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Due scene relegate - ma solo per una semplice necessità cronologica - nella parte finale di Living in the Material World restituiscono a pieno ciò che George Harrison era e facendo ciò danno anche senso ad un lavoro (quello di Martin Scorsese) altrimenti banale e scontato. La prima delle sequenze ha luogo a metà degli anni '90, è il periodo delle Anthology beatlesiane ed i tre 'favolosi' superstiti hanno accantonato gli antichi dissapori per realizzare un nuovo brano (la commovente Free as a Bird). Qualcuno sta facendo un filmino con un'avveniristica (per l'epoca) handycam quando, ad un certo punto, una porta si apre e fa il suo ingresso Paul McCartney. Lui e George si scambiano un abbraccio piuttosto forzato e, per stemperare l'evidente imbarazzo, il secondo esce fuori con una delle sue taglienti quanto memorabili battute: «E' di pelle vegetariana?» riferendosi alla giacca in cuoio del suo vecchio compagno (noto attivista vegetariano). La seconda scena è di tutt'altro registro, ma coinvolge anche questa volta un ex-Beatle, probabilmente quello più umanamente vicino ad Harrison: Ringo Starr. Siamo alle battute conclusive del film, si parla della malattia di George e di conseguenza l'atmosfera è tesissima. Ringo snocciola l'ultimo e il più commovente di una serie lunghissima di aneddoti: al capezzale del chitarrista, Ringo saluta l'amico di mille avventure scusandosi del fatto che deve andare via in America perché la figlia ha un tumore al cervello. Harrison, incapace anche solo di alzarsi dal letto, gli risponde: «Vuoi che venga con te?». Starr interrompe il suo racconto ed incomincia ad asciugarsi le lacrime. Tenta di scherzare e sdrammatizzare, ma la commozione è tanta ed è difficile – da spettatori – rimanere impassibili.
George Harrison, prima che una rockstar, era un uomo dotato di grande ironia ed intelligenza ma anche di straordinario altruismo e generosità. Un ritratto racchiuso nei due preziosi contributi appena narrati e, in ogni caso, ben delineato nel corso del documentario. Ma, aldilà di questa considerazione, l'opera di Martin Scorsese – come anticipato in apertura - non riesce ad essere altro. Non si intravede un minimo tocco autoriale, nessun guizzo, niente che porti il tutto ad un livello superiore. Potrebbe essere un qualsiasi documentario di History Channel, con l'aggravante che la prima metà sembra la versione light della ben più interessante Anthology dei Beatles. Visto e stravisto.
VOTO: 2/5
Articolo del
18/01/2012 -
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