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Tomas Alfredson
La talpa (Tinker, Taylor, Soldier, Spy)
Thriller/Drammatico, durata: 127’ – Regno Unito
2012
Studio Canal, Working Title Films/Medusa
di
Omar Cataldi
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Negli anni Sessanta, con i primi trionfi cinematografici di James Bond, ci fu un’ondata di romanzi e di pellicole di spionaggio mai vista prima: un po’ per inserirsi nella scia di un prodotto di successo, ovviamente, un po’ anche perché era l’acme della Guerra Fredda, e il concetto di eroe e patriota si era spostato dal coraggioso soldato di fanteria delle fangose trincee europee, all’avventurosa spia solitaria che salvava l’Occidente senza che nessuno ne sapesse nulla. Un concetto molto romantico…
Così nel genere spionistico nacquero subito i tipi alla Bond, interpreti di un rutilante quanto inverosimile mondo dell’Intelligence, ma altrettanto presto si fecero vedere gli anti-Bond: spie stanche, disilluse, fisicamente tutt’altro che prestanti, che conducevano la propria professione a volte con l’entusiasmo di un qualsiasi impiegato statale. Molti potrebbero ricordare l’occhialuto Harry Palmer di Michael Caine, tanto per dirne uno, negli stessi anni del Bond conneriano.
Maestro nel rappresentare il mondo dello spionaggio, ex spia lui stesso, il romanziere inglese John Le Carré creò in quegli stessi anni il personaggio di George Smiley (mai cognome fu più fuorviante), un classico esempio della spia “impiegatizia”. Portato al boom letterario giustappunto dal romanzo La talpa, nel ’74, e al boom mediatico cinque anni dopo, con la serie TV in cui veniva interpretato dal gigantesco Alec Guinness, rimase nella memoria collettiva britannica a lungo.
Oggi arriva la prima versione cinematografica smileyana degna di nota, firmata dallo svedese Tomas Alfredson (Lasciami entrare). Il regista (forse aiutato dalla sua nazionalità?) riesce a ricreare con maniacale precisione l’atmosfera di sospeso grigiore e di stanchezza psichica e materiale della Guerra Fredda, assistito magistralmente da un superbo cast britannico capitanato dal camaleontico Gary Oldman. «Il più grande attore a non aver mai vinto un premio» sfoggia uno Smiley semplicemente perfetto: un grigiore degno di Mario Monti, una consunzione dovuta al lavoro gramo, una guerra di tensione cui non crede quasi più nessuno, dietro gli enormi occhiali l’amarezza degli affetti infranti. A lui, ormai in pensione dal “Circus” (l’Intelligence inglese), l’incarico di scoprire una talpa accuratamente infiltrata dal KGB nel cuore operativo londinese.
La scena finale della rivelazione della talpa nel film è quanto di più emblematico ci possa essere per far capire come il regista, rispettoso del testo, abbia trattato la materia spionaggio. Un’inquadratura improvvisa, gelidamente noncurante, del colpevole, che siede muto di fronte a Smiley, tanto che lo spettatore, abituato alle rivelazioni normalmente frenetiche del thriller mainstream, resta spaesato e si chiede se ciò che stia vedendo sia veramente uno snodo decisivo della storia.
Alfredson promette per il futuro cose interessanti: la sua visione autoriale del genere thriller è sicuramente notevole, e coraggiosa la scelta controcorrente (e antistorica) di proporre uno spionaggio fatto di silenzi e di attese. Meno coraggiosi continuano ad essere i trailer, che presentano queste pellicole così particolari alla stregua di nuovi Mission Impossible.
VOTO: 3/5
Articolo del
26/01/2012 -
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