Non ho nulla da concordare - Deluxe è un cortometraggio di 25 minuti su Peter Washington, eccentrico quanto singolare artista vinovese che ignorando metrica e musicalità, sprezzante del giudizio del pubblico, si esibisce cantando con naturalezza testi scombinati nati per caso ed accompagnati da note spaiate che fanno a pugni con le nostre orecchie. Ma questo è Peter, estrema naturalezza e faccia tosta. Cosa lo separi dai tanti fenomeni web che si fregiano di rappare in italiano motivetti che per qualità poco si discostano dal rumore di un gesso sulla lavagna, non è chiaro, ma di certo merita qualche riflessione.
Realizzato in forma documentaristica estremamente, e volutamente, amatoriale e grezza, questo film, sia per la breve durata che per sua stessa struttura, non indaga organicamente sulla figura di Peter Washington artista e sulle sue opere. Piuttosto segue lo stile delle sue composizioni: disordine, cacofonia, nessun senso estetico. Il film ha partecipato all’ultimo Torino Film Festival trovando il plauso del pubblico e sperando di spopolare anche altrove. Ci si vuole interrogare sul perché del dilagare di un fenomeno come questo, quello di una canzone nostrana, che nasce per gioco, con rime casuali e senza un significato pensato sul nascere. Parole che litigano con la musica e che la vedono come un fardello. Parole che escono dalla bocca di un giovane che a prima vista certo non brilla per talento, che sicuramente non è stato avvelenato da alcuna omologazione creativa (come dice un esperto intervistato nel film) e che crede in Dylan McKay. Sì, il Luke Perry di Beverly Hills.
I suoi testi non hanno nulla di profondo, nessun messaggio, nessuna organicità. Insomma, pare che di artistico non abbiano proprio niente. Niente in base ai nostri metodi di giudizio, ma chi lo sa. Magari siamo noi a non essere ancora pronti per questo passo. Indipendentemente da ciò che si possa pensare dell’espressione creativa di personaggi come Peter Washington, questo cortometraggio apre uno scrigno di punti di riflessione. Che in ambito artistico si sia già detto davvero tutto e il contrario di tutto e che quindi questo tipo di post-post-moderno sia l’unica via ancora da percorrere? Che dopo aver stilato delle regole, averle ribaltate, averle riscritte e averle recuperate in salsa vintage il passo successivo sia proprio un guazzabuglio inesplicabile (perché non compreso nemmeno in origine) dove sparisce ogni tipo di gusto per lasciar spazio ad un fluire torrentizio e casuale di modi d’espressione? La prima parola che viene in mente è trash.
Come disse Peter pensando ad una sua esibizione live: “E’ andata come di consueto, con gente che ancora non capisce e gente che mi manda affanc***”.
VOTO: ?/5
Articolo del
01/02/2012 -
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