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Måns Mårlind, Björn Stein
Underworld: Il risveglio (Underworld: Awakening)
Azione/Fantasy/Horror, durata: 88' – U.S.A.
2011
Lakeshore Entretainmente, Sony Pictures
di
Valentina Gianfermo
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Nella migliore tradizione di vampiri contro licantropi contro ibridi di licantropi e vampiri, Underworld: Il risveglio è proprio ciò che serve a una storia per guadagnare polpa e provare a battere le versioni più edulcorate e abbellite alla Twilight. Peccato che il risultato sia sinceramente pietoso.
Nella trama temporale siamo proprio poco dopo la fine del precedente film: gli umani venuti a conoscenza delle due razze “infettate” stanno portando avanti una copiosa opera di bonifica che consiste nel dare la caccia e nel distruggere i licantropi e i vampiri. La nostra Cecile, ancora interpretata dalla bella monoespressiva Kate Beckinsale con i soliti tentativi glaciali mal riusciti e sempre nella sua tutina in pvc con corpetto annesso e tacco quattordici, cerca di fuggire col suo amato ibrido, al secolo Michael, quando qualcosa va storto e si risveglia dodici anni dopo. Il mondo è profondamente cambiato dopo la bonifica umana, almeno così sembra. E qui non si sa se citando Twilight o meno, appare niente meno che la figlia ibrida della vampira e dell'ibrido, come sempre molto, ma molto, più potente di tutti, anche se la giovane età ancora non le permette di sfruttare appieno questi suoi poteri. Da qui si dipana una serie di grugniti, ruggiti, urli, spari, sangue, pallottole e chi più ne ha più ne metta. I combattimenti sempre nel caro vecchio stile Matrix si susseguono senza sosta, tanto che si fa veramente fatica a capire il perché di tutto quel casino che rimbomba nelle orecchie degli sventurati spettatori.
È chiaro che questo nuovo Underworld, il quarto in linea di successione, vuole aprire o chiudere una strada ai suoi predecessori. Chiudere se il botteghino dirà che dovrà chiudere, aprire nel caso in cui si voglia pensare a un seguito, di cui volendo potremmo già delineare trama, eventi e conclusione. Oggettivamente una creatura morta come questa non viene aiutata nemmeno dagli effetti speciali, né tantomeno dalla bellezza della protagonista; per non parlare della regia questa volta affidata a una coppia svedese, Mans Marlind e Bjorn Stein, che non riescono a dare alla pellicola quei toni sognanti e inquietanti che spesso il gusto nordico è riuscito ad infondere in molti altri film sul tema.
Speriamo solamente che evitino il seguito, che decidano di bonificare la serie e la chiudano qui, così che il pubblico possa rimanere con un ricordo buono del primo film cercando di eliminare tutti i suoi seguiti e controseguiti.
VOTO: 2/5
Articolo del
06/02/2012 -
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