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A volte la vita non segue percorsi lineari ma devia con accelerazioni improvvise, svolta angoli bruschi e inattesi che da splendidi viali alberati ci sbattono in vicoli ingombri di macerie, immondizie e senza apparenti (o reali) vie di uscita. La metafora un po’ retorica dovrebbe dare conto dell’inquietudine che il film riesce efficacemente a trasmetterci: vite più o meno tranquille e “patinate”, equilibri più o meno riusciti e consapevoli, consuetudini sentimentali più o meno entusiasticamente vissute possono all’improvviso essere spezzati da un evento concentrato nel tempo e nello spazio, un inatteso imbizzarrirsi di coincidenze spazio-temporali, come uno schizzo di inchiostro nero su un foglio immacolato, tanto irreversibile quanto imprevedibile. Un pick-up prende una curva un po’ troppo “allegretto”, tre persone – un papà e le sue due figlie – insistono per puro caso nel medesimo luogo fisico e tutto il mondo che grava intorno ai protagonisti di quell’incidente viene travolto insieme ai tre corpi, originando vicende che si alterneranno in un crescendo drammatico. Il primo tempo del film ci atterrisce in una sequenza (non logica) di immagini (con pochissimi suoni) di cui ci sfugge il senso, l’ordine temporale, il ruolo dei protagonisti; col passare dei minuti siamo stimolati a ricostruire il puzzle, sino a che, pezzo dopo pezzo, mettiamo su un ipotesi, un nostro abbozzo di sceneggiatura: al di là dei contenuti, è proprio qui la grandezza del film, raccontare una vicenda drammaticamente complicata svelandone i contorni poco per volta, mischiando dapprima le carte per poi sistemarle in fila sul tavolo da gioco. E proprio allora, quando la vicenda si compone, il film si fa meno coinvolgente, un po’ ripetitivo, ossessivo e perde di forza; solo il finale (in cui si svela anche il titolo, 21 grammi, il peso che ciascuno di noi perde nell’esatto momento della morte, quanto e cosa perdiamo?) riscatta buoni venti minuti di ridotto impatto. Il film, però, nel suo complesso merita davvero, Inarritu si conferma regista di grandissimo talento (Amores Perros, uno dei migliori film degli ultimi anni; un episodio in 11 settembre, splendido esempio di “recycle” visivo e sonoro), Sean Penn e Benicio del Toro andrebbero premiati col bacio accademico, così come Naomi Watts. Vale alla grande il prezzo del biglietto!
Articolo del
27/01/2004 -
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