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Martin Scorsese ama il sogno, ama il tempo e ama la commistione tra la fantasia e la realtà, l'inserimento di quel sogno nel quotidiano, realizzandolo come se fosse vero. In Hugo Cabret, Scorsese vuole inanellare le rotelle del suo orologio esistenziale, vincere il tempo, vincere lo spazio; ambientare il film in una stazione ferroviaria, dove il tempo non ce l’ha nessuno, o forse no? Visivamente è una pellicola ineccepibile, bellissima fotografia, effetti speciali utilizzati ad arte, stupende scenografie e costumi gestiti nel modo più semplice ed efficace possibile, regia a volte un po' rarefatta nella retorica del cinema ma di certo senza evidenti “errori”. Il problema del film appare subito evidente allora: lo svolgimento dei fatti, la storia stessa, la sua radice sono forse i mali peggiori di questa pellicola. Difatti è proprio qui che si può individuare il primo fallo della macchina del tempo e delle emozioni messa in moto da Scorsese. La sceneggiatura è molto asciutta, soprattutto per danzare intorno alla vita di una storica figura del cinema come George Melies. Scorsese lascia poco all'immaginazione, o quasi nulla a un certo punto. Tutto il fascino che riesce a costruire macchinosamente nel suo mondo a rotelle della stazione ferroviaria attraverso gli occhi di un orfano ingegnere in miniatura di macchine di altri tempi, risulta alla fine fumo negli occhi.
Nella celebrazione del cinema, dei maestri che l’hanno creato, purtroppo ci si perde, perché c'è sempre la storia da seguire, perché i più al cinema non sanno nemmeno di cosa si stia parlando o chi sia questo Melies, fortuna che c'è un personaggio inserito appositamente e unicamente per spiegarlo. La riscoperta delle origini risulta fallace di fronte all'ignoranza delle masse e, in tutto e per tutto, questo film è chiaramente confezionato per loro. Scevri anche i dialoghi che lasciano poca suspense, svelano banalità nella loro retorica e risultano troppo lunghi in alcuni punti, Scorsese sembra parlare solo ai bambini, in un film probabilmente pensato per loro a tutto dire, ma il risultato che ottiene è solo un ermetismo rispetto ai più giovani.
Per chi di cinema se ne intende invece, di storia del cinema, il bel gioco di richiami che Scorsese mette in atto può sicuramente affascinare ma sembra quasi buttato lì in una storia che non decolla fino alla fine, una storia che comunque racchiude un happy ending come nelle più belle favole o nei più bei mass-movie. Il problema paradossalmente risiede nella maestria di Scorsese nel raccontare una storia su binari molto stretti e senza spunti o vie di fuga per i curiosi o per i golosi del cinema; sembra quasi dire che la storia è quella che si ha di fronte, lui la racconterà come aveva preordinato di farlo portando lo spettatore talmente per mano che nemmeno ci si rende conto di intravedere la fine già dall'inizio. La tematica dell'avventura su cui tanto si mette l'accento risulta effimera, perché è un'avventura pilotata, non ci sono clamorose sorprese, colpi di scena incredibili oppure momenti di panico in cui non si capisce come andrà a finire e ci si emoziona. Anche le emozioni sono sagacemente pilotate, e la bella macchina che Scorsese mette in mostra finisce per strozzare lo spettatore lasciandolo come un recipiente vuoto che il regista riempie senza che ci sia altro da aggiungere. L'automa diventa quasi fastidioso a un certo punto della pellicola, una figura insensata e ingombrante che sta lì solo ad assolvere la sua funzione. Modellando anche l'emozionabilità dello spettatore Scorsese ottiene un film stilisticamente perfetto, fatto appositamente per lasciare tutti contenti all'uscita della sala; ma, appunto perché si percepisce questo pensiero a priori, si può osare allora e dire che forse non era quello che ci si aspettava, che poteva essere di più e non per il senso scenografico, per gli effetti o gli attori, poteva essere di più proprio per quell'effetto che viene decantato tanto in questo Hugo Cabret, quello del cinema che rende i sogni reali. Scorsese fallisce nel suo stesso indottrinamento, di sogni purtroppo se ne vedono e creano veramente pochi.
VOTO: 3.5/5
Articolo del
01/03/2012 -
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