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Cominciamo subito col dire che ATM – Trappola Mortale diretto dal giovane esordiente David Brooks è uno di quegli horror thriller, sempre abbastanza gradevoli, ambientati in un unico luogo. Ci sono delle regole, o meglio delle convenzioni, che riguardano le unità di spazio, di tempo e di luogo (Aristotele docet) nella narrazione cinematografica. La convenzione vuole che se l’unità di spazio è una sola, cioè tutto il film è ambientato in un’unica location, allora avremo tanti protagonisti in cui immedesimarci (Il Grande Freddo, The Cube ecc…), oppure abbiamo un protagonista solo, ma in quel caso ci saranno più “spostamenti temporali”, cioè una narrazione più “spezzettata” fatta di flashback o flashforward (Memento). Pensate a Buried di Rodrigo Cortés: in quel caso l’unico protagonista era sepolto in una bara con una torcia, un accendino, una matita e un cellulare. La storia procedeva proprio grazie al cellulare e ai vari personaggi che venivano introdotti attraverso le chiamate effettuate. In ATM abbiamo tre personaggi rinchiusi in una cabina di vetro di un bancomat all’interno di un parcheggio isolato e, all’esterno, un serial killer che li tiene in trappola secondo schemi e logiche studiate nei minimi dettagli. Non è un caso l’aver fatto un paragone con il film di Cortés perché in comune questi due film hanno un elemento molto importante ovvero la sceneggiatura curata da Chris Sparling. Ma per quanto riguarda la qualità siamo distanti anni luce: Buried ha motivo di essere ritenuto uno dei migliori film del 2010, un vero e proprio cult, mentre ATM si dimentica appena usciti dalla sala, e questo è un peccato perché l’idea alla base del film non è da buttare, considerato il potenziale filone che ne potrebbe scaturire a metà tra Saw - L’enigmista e Final Destination. Ma troppe cose non vanno: i dialoghi troppo esageratamente melodrammatici e scontati, alcuni dettagli tralasciati o appena accennati, situazioni al limite del paradossale più adatte ad un horror trash che ad un horror americano che si pone come obiettivo quello di far leva sull’insicurezza quotidiana dell’uomo medio. Ormai siamo così “esperti di horror” che riusciamo a prevedere tutti i colpi di scena e gli unici film che funzionano sono quelli che prima ti portano a credere che, come al solito, in quel film sta per accadere ciò che accade sempre in tutti i film di quel genere, ma poi, improvvisamente, spiazzano lo spettatore andando in un’altra direzione. Così si può rivalutare un intero film. ATM non sembra neanche ambire a incuriosire lo spettatore, a tenerlo sveglio con trovate originali. Sembra un film concepito fin da subito nella speranza che diventi un buon film da blockbuster night.
VOTO: 2/5
Articolo del
18/03/2012 -
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