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2089. Spinti dal ritrovamento, in una grotta scozzese, di una vera e propria “mappa delle stelle”, gli scienziati Elizabeth Shaw e Charlie Holloway partono per una spedizione sulla lontana luna LV – 223. Il loro obiettivo è la scoperta dell’origine della nostra specie; purtroppo si rendono conto troppo tardi di aver risvegliato un male plurimillenario, che potrebbe comportare la distruzione della razza umana.
A dir la verità, non credevo granchè in questo Prometheus. Sarà che Ridley Scott (regista di classici del calibro di Alien e, soprattutto Blade Runner), pur non avendo mai toccato il fondo, ha smesso di stupire da un po’. Se a priori il progetto di un prequel di Alien (che appunto costituiva l’idea di partenza per questo film) sembrava allora uno stanco tentativo di rincorrere un passato glorioso, Prometheus però funziona e intrattiene discretamente, rivelando qualche sorpresa. La prima, almeno per gli scettici (fra cui chi scrive), si identifica in un 3D finalmente capace di donare profondità e spettacolarità alle brillanti architetture gigeriane ereditate da Alien. Questo contribuisce a rendere ancora più reale la cupissima ambientazione cyber-punk, ma che profuma di gotico, che il regista ricrea scrupolosamente per poi riservarsi qualche violenta virata nell’horror più puro. Un altro aspetto lodevole va ricercato nella buona prova di un ambiguissimo Michael Fassbender, che non sfigura accanto ai precedenti androidi della saga (e incarnati per l’occasione da mostri sacri del calibro di Ian Holm e Lance Henriksen) e in una Noomi Rapace che tutto sommato convince (laddove però spadroneggia ancora una certa Sigourney Weaver).
Certamente le peculiarità “tecniche” del film risaltano a scapito di una sceneggiatura eccessivamente ermetica e già protesa verso il sequel (e in questo senso il finale si rivela forse fin troppo aperto). Fortunatamente la tensione tiene perché si affida ad un meccanismo rodatissimo (la calma apparente della prima parte fa da preambolo all’imminente esplosione di violenza della seconda) già ampiamente testato, nel genere, da Scott e da un certo John Carpenter. A tal proposito però, è curioso notare come la mano di Scott sfrutti con provocante ironia questo meccanismo, ribaltando ad esempio alcune situazioni che profumano di melodramma (il dialogo fra i due amanti sulla sterilità) con epiloghi quasi grotteschi (nel caso sopracitato, un mostruoso parto quasi cronenberghiano).
C’è forse chi lo giudicherà troppo poco per un film dall’eredità così pesante, ma Prometheus rimane un blockbuster non banale e, in pieno periodo di delirio nolaniano, meritevolissimo di un’occasione.
VOTO: 3/5
Articolo del
18/09/2012 -
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