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Fa sorridere pensare che i comici americani ritengano la politica della propria nazione una cosa degna di essere presa in giro, forse perché non hanno conoscenza di quella italiana…
Ad ogni modo Candidato a sorpresa racconta la sfida all’ultimo voto tra due aspiranti deputati del Congresso, impersonati da due dei comici al top del gradimento oltreoceano. Will Ferrell, (un pilastro tra i comedians statunitensi che qui da noi proprio non riesce a sfondare), è la vecchia volpe della politica, quello che ha capito come sfruttare i propri privilegi lavorando il meno possibile; Zach Galifianakis, (lanciato da Una notte da leoni, maestro della deadpan comedy), è l’obeso e ingenuo outsider, che si farà strada con la propria onestà in un ambiente torbido.
Tutti i luoghi comuni della politica americana sono messi alla berlina: i discorsi pregni di parole chiave ed adattati in base alle diverse platee, gli imbarazzanti spot elettorali, la febbre dei sondaggi, la denigrazione dell’avversario, sono elementi che in America vengono facilmente trascinati in un parossismo che si potrebbe facilmente definire hollywoodiano… e il veterano regista Jay Roach, già realizzatore delle saghe comiche Austin Powers e Ti presento i miei, ha gioco facile nel gestire questa mole di situazioni esilaranti.
Molti hanno definito questo film, comprensibilmente, un instant movie, ispirato alle imminenti presidenziali americane: se il termine di “pellicola istantanea” è inteso in senso offensivo, non sono d’accordo. Candidato a sorpresa si regge perfettamente sulle sue gambe, indipendentemente da ciò che sta accadendo, perché fa satira su dei punti fermi della meccanica politica americana: senza scomodare riferimenti a politici attualmente in attività.
Anzi, il film trova la sua dimensione più convincente solo nelle sue parti più surreali e urlate, quando l’iperbole si sostituisce alla realtà. L’inedita coppia Ferrell/Galifianakis funziona sorprendentemente bene, finché la storia si tiene sopra le righe e la comicità resta sul piano fisico: il primo, nel suo personaggio vanesio e arrogante, si esprime al meglio quando dà un pugno ad un neonato (in una scena già cult) e poi ad un cagnolino (guest star il cane di The Artist); il secondo, pacato e inetto (non è in grado di aprire le porte), ma onesto, gioca sulle sue caratteristiche fisiche e mentali di pesce fuor d’acqua nella politica tenzone. Nelle scene più realistiche e sentimentali il film perde il suo ritmo di follia, così come un happy ending (d’altronde però l’unico possibile) che rimette in carreggiata una pellicola a tratti così acuta...
I cinefili più attenti noteranno una simpatica citazione del mitico Una poltrona per due di John Landis, nella coppia di ricchi industriali, i fratelli Motch, che ora come allora giocano/giocavano a fare i burattinai con il destino altrui.
VOTO: 3,5/5
Articolo del
02/10/2012 -
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