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Matteo Garrone
Primo amore
2003
Fandango
di
Giovanni Graziani
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Sdraiata in posa plastica, Sonia (Michela Cescon) posa nuda per gli studenti dell'accademia di belle arti, che ritraggono la stessa immagine realizzando ciascuno un'immagine diversa. Fra di loro si aggira Vittorio (Vitaliano Trevisan, cosceneggiatore del film), che non è studente e non dipinge ma che ha comunque il suo punto di vista artistico sul corpo di Sonia: un corpo che non può essere solamente ritratto, ma deve essere modellato, affinato, come un orefice modella un monile d'oro. Lo stesso corpo nudo di Sonia-Michela Cescon ci viene mostrato alla fine del film quando l'ossessione per la magrezza di Vittorio lo ha trasformato nell'ombra di quello che era. Di quindici chili più leggero, quel corpo esprime la devastazione che i ricatti affettivi di Vittorio hanno prodotto su di lei. E' il realismo di questa ferocia, una ferocia che in qualche modo la regia e la sceneggiatura hanno fatto propria, a fare di questo film un'opera inquietante. Il realismo scelto da Matteo Garrone, che ha imposto all'attrice di perdere i quindici chili persi dal suo personaggio in nome di una scelta stilistica, è ciò che rende paurosa la sua opera; quasi che il confine fra la storia da cui è tratto il film e la sua rappresentazione sia talmente sottile da rischiare di sparire, che l'amore malato fra Sonia e Vittorio abbia un qualche riscontro nell'amore che Michela Cescon ha messo nell'interpretazione. Capita quindi di non sentirsi del tutto estranei nemmeno a noi seduti che osserviamo spaventati alla progressiva devastazione, alla mostruosa rincorsa fra ''il corpo'' e ''la testa'' che la follia di Vittorio impone alla normalità, fisica e psichica, di Sonia. Per questi e per altri motivi, è difficile definire Primo amore un 'bel film'. Perché certamente va raccomandato a chi cerchi un film ben girato e ben intepretato, con stile originale ma sicuro, accompagnato da una colonmna sonora che calza come un guanto; ma la storia che racconta, la porta che ci apre, ci porta in un mondo spaventoso. E perché ci lascia capire che quel mondo non è lontano dal nostro.
Articolo del
27/02/2004 -
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