|
Cloud Atlas è uno di quei film che non possono avere un genere di spettatore unico e inequivocabile, è uno di quei film che o si amano o si odiano, un po’ come se fosse un’opera lirica e, in qualche modo, lo è effettivamente. Tom Tykwer aveva in mente qualcosa di epocale, un progetto enorme, e ormai a diversi anni dalla leggendaria trilogia di Matrix, i fratelli Wachowski hanno già sciorinato tutte le loro idee sul futuro in tre dei film cult del nostro mondo contemporaneo, sdoganando anche tutta una serie di effetti speciali che rimarranno legati alla loro creazione per sempre; a questo punto ci si potrebbe chiedere che cosa abbiano ancora da dire dopo tale successo. Per molti forse nulla, ma per altri alla fine di Cloud Atlas ci si rende conto che, forse, l’arrivo in corsa dei Wachowski per contribuire a questa pellicola è stato fondamentale, tutta una questione di filosofia.
Cloud Atlas è una storia difficile da seguire, concatenazioni di personaggi che corrono spesso su binari paralleli portano tutti allo stesso scopo finale, molti non si incontreranno mai, altri solo di striscio, ma ognuno di essi lavora a un pezzo di storia per giungere all’epilogo finale. Tykwer ha lavorato a volte separatamente dai Wachowski, i quali erano incaricati della storia del XIX secolo e di quelle più futuristiche, e questo a volte si avverte lungo il corso della pellicola, come se cambiasse improvvisamente il modo di vedere i fatti e quindi il regista. Così una giornalista degli anni ’70 può avere a che fare con un segreto orribile che devasterebbe la razza umana e si ritroverebbe reincarnata più avanti nella stessa persona che salverà, per la seconda volta, gli ultimi sopravvissuti. Un editore ai giorni nostri viene rinchiuso in una impietosa casa di cura da cui cerca di fuggire col suo team di vecchietti sui generis. Un gentiluomo del XIX secolo salva uno schiavo che salverà lui da un avido dottore che cerca di assassinarlo e poi si ritrova a essere un membro della resistenza nel 2144. La debolezza del film probabilmente sta proprio in come spesso vengono risolti questi collegamenti; purtroppo lo spettatore deve prestare molta attenzione alle diverse storie che si stanno svolgendo sullo schermo, spesso perdendo qualche battuta e chiaramente non riconoscendo i personaggi che ritornano nel loro continuum spirituale. Un film gioco potremmo chiamarlo, come se fosse un libro game, a seconda di quello che il personaggio sceglie nella sua vita attuale questo lo porterà a riverberarsi nel futuro, un piccolo atto di rivolta rivoluzionerà i fatti mille anni dopo; fatto ampiamente dimostrato da uno dei due protagonisti di quella che potremmo definire l’ultima storia, che può scegliere di seguire l’auspicio rivelatogli o meno, cambiando così il destino di tutti. Le storie sono tutte importanti a modo loro, sono dimostrative ed esplicative di una teoria della reincarnazione, del transfer spirituale, di una filosofia di vita per un bene superiore e di come se anche uno solo alza la testa per trovare la libertà allora quella libertà diventa effettivamente possibile. Una storia fondamentale è infatti quella che si svolge nel 2144 dove una serie di cloni vengono coltivati per servire i loro padroni in ristoranti di lusso obbedendo ciecamente a qualsiasi ordine e trascorrendo delle vite misere e vuote (in questa storia i Wachowski hanno creato un inno a Matrix). Uno di questi cloni sarà poi la chiave per gran parte dello svolgimento del finale, infatti nella sua disubbidienza al sistema, alimentata da un gruppo di ribelli e portata a compimento con un messaggio rivelatorio all’intera popolazione mondiale, diverrà poi una divinità per un altro popolo, neo-primitivo che sarà fautore della nuova speranza di vita della popolazione umana ormai al di fuori della terra.
Certo, difficile da seguire già solo volendone dare degli spunti, ma in qualche modo chiunque credesse nelle reincarnazioni, nel karma e negli universi paralleli, si troverebbe a dover affermare che lo sforzo dei registi in questo caso è stato enorme, nel tentativo di dare un’idea concreta di come potrebbe essere. Ancora più sorprendente è il sottofondo musicale, un po’ più staccato dalle altre storie, creato da un compositore sventurato, che intitola la sua opera Cloud Atlas, giusto a ricordare perennemente come la musica possa iscriversi nel tempo al di là del tempo stesso e creare legami con l’infinito all’interno delle nostre anime. Questo Cloud Atlas fa un po’ venire in mente quello che sicuramente voleva essere un grande progetto ma che è stato mal compreso e probabilmente mal realizzato, Immortal Ad Vitam; allo stesso modo questo film può piacere o non piacere affatto, può creare fidati proseliti che comprendono trame nascoste e messaggi avveniristici, come strenui negazionisti che, anzi, si sono anche piuttosto annoiati durante la visione se non addormentati. Certo è che risulta difficile che passi inosservato del tutto. Forse la prossima volta qualcosa di meno esoterico ed ermetico per quanto manieristico sarebbe meglio, anche se non sembrerebbe che l’intento in Cloud Atlas fosse conquistare il grande pubblico, ma piuttosto di svegliare quei pochi tra di esso che hanno una cometa tatuata addosso.
VOTO: 4/5
Articolo del
25/01/2013 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|