Dopo diversi anni di separazione dolorosa e tormentata, durante i quali è venuta a mancare la madre malata di mente, Mia e suo fratello si ritrovano, insieme ad alcuni amici, in una piccola baita di montagna carica di ricordi di una gioventù e di una leggerezza che li ha ormai abbandonati da tempo. I ragazzi infatti passeranno alcuni giorni insieme affinché Mia, schiava della droga, possa disintossicarsi.
Non serve aggiungere altro, perché trattandosi del remake del La casa, capolavoro di Sam Raimi del 1981, si sa che i ragazzi si trovano in posto maledetto, teatro di orrendi accadimenti scatenati dall’invocazione di una presenza demoniaca, attraverso il famigerato Libro dei Morti, e alle storie come queste piace sempre ripetersi. Ma in caso questo non fosse del tutto chiaro a qualche malcapitato pervenuto casualmente in sala, Fede Alvarez, fan sfegatato del film originale, lo palesa immediatamente nei primi minuti della pellicola con un introduzione fortissima che non lascia davvero nulla all’immaginazione, e che forse è anche tra i momenti migliori del film. Raimi in veste di produttore ha supervisionato questa delicata operazione, ovvero la riproposizione in chiave contemporanea della sua creatura, e l’ha personalmente affidata al giovane regista uruguaiano, alla sua primissima esperienza con un lungometraggio per il cinema. In questa nuova versione la malata ironia nera che pervadeva il film di Sam Raimi è volutamente assente, ma da un certo punto di vista, questa è una soluzione abbastanza intelligente, poiché se Alvarez avesse deciso di scontrarsi contro un titano immortale quale è Raimi, sul suo stesso campo di battaglia e con le sue stesse armi, ne sarebbe uscito inevitabilmente sconfitto e anche in malo modo. La casa versione 2013 è un film che non lascia spazio a risatine e che richiede uno stomaco molto forte. La formula scelta infatti prevede, oltre ad una riproduzione narrativamente scrupolosa di quelli che erano stati i passaggi fondamentali della storia originale, una quantità inaudita di scene truculente e decisamente gore. Più che le possessioni demoniache, le vere protagoniste della pellicola sono le loro conseguenze fisiche: mutilazioni di ogni sorta con attrezzi tipici dell’economia domestica e non solo, putrefazioni, sangue, vomito e altri liquidi fisiologici. Il film di Alvarez è un ottimo splatter da manuale, realizzato con passione e con un evidente talento per questo particolare filone del genere horror. Ma proprio per questo, la parte iniziale della storia, dedicata alla crociata umanitaria e buonista contro la droga, risulta superflua e un po’ pesante, una forzatura insomma, che oltretutto disperde tutta la tensione creata dal prologo che la precede. Questa sensazione di pesantezza tende a sopravvivere, seppur in forma latente, per tutta la durata del film, anche se nella seconda parte viene abbondantemente diluita da veri e propri fiumi di emoglobina. Il punto debole de La casa però è un altro, si tratta di qualcosa di un po’ più subdolo, la cui percezione non è immediata durante la visione. Nonostante la violenza eccessiva, a questo film sembra mancare un po’ di sana malvagità e purtroppo non riesce a spaventare, perché è difficile percepire la presenza del maligno ultraterreno, è tutto molto “antropologico”. Una volta esaurito l’effetto provocato dalla vista del sangue e delle menomazioni, resta poco o nulla. Il male, o meglio la sua rappresentazione, non riesce ad infondere alcun tipo di terrore, come invece ci si aspetta da una storia che dovrebbe avere una pronunciata componente sovrannaturale. Evidentemente si è deciso di puntare su altro, ma così facendo si è privato il film di un’anima oscura e maledetta che lo avrebbe reso molto più convincente.
Questa versione de La casa, nonostante i suoi limiti, è un film che merita di essere visto, poiché si tratta di un remake coscienzioso e realizzato con rispetto e amore. Come è ovvio che sia, non farà la gioia di una parte dei fan, ma quantomeno sarà una piacevole rivelazione per gli amanti dello splatter senza freni e senza filtri. È perentorio attendere la fine dei titoli di coda prima di abbandonare la sala.
VOTO: 3/5
Articolo del
17/05/2013 -
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