Will Smith, seduto in una cabina di controllo, segue e dirige a distanza (tramite alcune piccole telecamere) il percorso del figlio. E' la trama del film, ma anche perfetta metafora del potere esercitato dalla star hollywoodiana in questo lungometraggio. Infatti, nonostante un filo sottile lo colleghi a pellicole come Signs ed E venne il giorno, After Earth è, fondamentalmente, un film di Will Smith. Non bastano i crediti sul poster a toglierci l'idea dalla testa che sia l'ex principe di Bel Air il vero deus ex-machina di questo progetto, piuttosto che M. Night Shyamalan. Del resto, soggetto e produzione (in collaborazione con la moglie) sono farina del sacco di Smith e delle atmosfere che hanno portato al successo internazionale il regista di origine indiana non c'è più ombra.
After Earth a voler essere cattivi sembra un costosissimo regalo che Smith senior ha voluto fare al figlio Jaden per spalancargli le porte di Hollywood. E' vero che il piccolo recita meglio del padre e tutto sommato regge bene il peso del film ma, come direbbe Andreotti, se a pensar male si fa peccato, spesso, invece, ci si azzecca. After Earth andrebbe fatto studiare in ogni scuola di cinema per far capire alle nuove leve come evitare di sprecare risorse economiche e buone idee. Se, infatti, il tema centrale è molto interessante e getta una luce oscura sul significato della nostra presenza sulla terra (facendoci apparire, come detto in apertura, molto simili agli alieni di Signs e, dunque, nemici del nostro stesso pianeta come in E venne il giorno), l'intreccio dal quale emerge questo pensiero è quanto di più insulso e prevedibile possa esserci. Non bastano un paio di suggestive immagini ad addolcirci l'amaro in bocca restituitoci da una storia con scarso mordente ed un livello empatico che, complice la scarsa simpatia dei protagonisti, cala inesorabilmente a picco.
Che dire poi di Shyamalan? Chi scrive, è uno dei pochi al mondo ad aver apprezzato Lady in the Water ma, anche, uno dei tantissimi a non aver sopportato una visione completa de L'ultimo dominatore dell'aria. L'involuzione del regista è evidente e abbastanza oggettiva che sembra dar adito a chi ha sempre considerato i suoi film dei bluff mal costruiti su colpi di scena di basso livello. Un giudizio pesante, in realtà, che mal si sposa con le atmosfere opprimenti quanto eleganti di capolavori come Il sesto senso e Unbreakable, film meritevoli di aver introdotto in un cinema d'autore e dal respiro europeo generi che troppo spesso, invece, venivano banalizzati in action movie inconsistenti. Esattamente il tipo di film che oggi Shyamalan fa. Non serve aggiungere altro, purtroppo.
VOTO: 1,5/5
Articolo del
18/06/2013 -
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