J.J. Abrams
Star Trek: Into Darkness
Azione, Fantascienza, durata: 132’ – U.S.A.
2013
Bad Robot, Kurtzman/Orci, Paramount Pictures, Skydance Productions / Universal Pictures Italia
di
Omar Cataldi
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J. J. Abrams è una di quelle belle scoperte di matrice televisiva esportate con successo sul grande schermo. Ed è anche un uomo che non riuscirà a dormire nemmeno un minuto almeno per i prossimi dieci/quindici anni. Già in questi ultimi due lustri non ha fatto altro che rimbalzare da un progetto all’altro: il tempo di creare una serie tv capolavoro, e via, più veloce della luce sulla preparazione di un film, poi di nuovo in tv: una pallina da flipper impazzita, un Figaro dalle mani d’oro che tutti cercano, tutti vogliono.
Ma forse a lui sta bene così, e certo l’etica anglosassone (anche se è ebreo) del superlavoro non gli nuocerà, speriamo, per il bene di noi spettatori. Erede manifesto di Spielberg e Lucas (basti guardare Super 8, che resta ancora il suo miglior esito cinematografico), è notizia che Abrams firmerà la nuova trilogia di Star Wars. Brividi di piacere, terrore e aspettativa lungo le spine dorsali dei fans e lungo la sua.
Accantoniamo però passato e futuro, parliamo di oggi: Star Trek Into Darkness, abramsiano secondo round dei viaggi stellari riveduti e corretti da un occhio jedi. Le urla di sacrilegio sono lontane, ma forse non si erano neanche mai levate. I trekkers avevano benedetto l’impresa già quattro anni fa, quando il primo episodio sbancò. Il pubblico dei profani (per cui l’opera era stata concepita), pur titubante, apprezzò egualmente.
Come il titolo suggerisce e spesso accade nella serialità, il secondo episodio si ammanta di oscurità: un terrorista inarrestabile (del quale conviene davvero, come della trama, non rivelare alcunché) minaccia la Flotta Stellare con una violenza e una spietatezza mai viste prima. Kirk e i suoi, come sempre, impareranno lezioni morali lungo la tormentata via della vittoria.
Se cercate la classicità trekkiana pura dell’esplorazione spaziale e delle civiltà aliene con le quali filosofare assieme, dovreste aver capito fin dal primo film che Abrams non pare tenerle in gran conto. Ma se il vostro obiettivo più generale è uno spettacolare action movie all’hollywoodiana, dove le sparatorie e le scazzottate incorniciano apprezzabili momenti comici/drammatici/esplicativi, J. J. ha davvero lavorato duro per voi stavolta. Il nuovo cast di semi-noti (calato in vecchi panni) continua a funzionare piacevolmente bene, e il villain dell’impronunciabile neodivo Benedict Cumberbatch se li divora tutti a colazione, come il drago tolkieniano Smaug, di cui indosserà presto scaglie e voce cavernosa.
Lo Star Trek di J. J. Abrams non è tuttavia solo un mondo di azione concitata: è un mondo di emozioni intense. Dove la Serie Classica era raccolta e intima, e gli ufficiali dello spazio avevano un contegno irreprensibile, qui si perde davvero facilmente l’aplomb per un nonnulla. Il logico Spock che amoreggia, si infuria e piange è solo il lato più manifesto di una generale agitazione che sembra pervadere questi film, effetto certo aumentato dal montaggio fulmineo. E’ come se tutte le sfide al vetusto tradizionalismo che l’originale proponeva di soppiatto in tv, qui si fossero amalgamate in un unico gioioso e manifesto festeggiamento in strada. Sarà un’allegria retroattiva per i tabù che la serie contribuì ad abbattere allora…
VOTO: 3,5/5
Articolo del
26/06/2013 -
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