Sceneggiatore di punta della Marvel Comics e creatore del fumetto di Kick-Ass per la Icon (sotto-etichetta autoriale della Marvel), Mark Millar anni fa era solo un umile adolescente scozzese, ed era sempre stato convinto (complice la malignità del fratello) che i supereroi americani esistessero davvero. Perché in Scozia no? E’ troppo povera e insignificante, non grande, eccitante e pericolosa come gli Stati Uniti… Perché Superman dovrebbe volare fino in Scozia? A fare cosa? Però i supereroi esistono, stanne pur certo…
Anni dopo, scoperta la realtà (che shock!), a Millar sarà venuta spontanea la domanda… perché i supereroi non esistono nel mondo reale? Cosa succederebbe se qualcuno volesse mettersi un costume variopinto e picchiare i criminali? Detto fatto, il concept di Kick-Ass. Così come quattro secoli fa Miguel de Cervantes faceva impazzire un nobile spagnolo decaduto che leggeva troppe epopee cavalleresche, e lo rendeva improbabile paladino errante, oggi Millar fa impazzire un nerd che legge troppi fumetti, e lo fa divenire inetto eroe in costume, con tanto cuore e pochi muscoli.
Il perno della vicenda è tutto qua, e il primo film tratto dal fumetto tre anni fa lo esauriva in maniera esemplare. Tuttavia i personaggi sono rimasti nel cuore del pubblico, soprattutto Dave, il protagonista, primo (super)eroe in costume della New York di oggi, e Mindy (detta “Hit-Girl”), una tredicenne simile ad un Robin sanguinario, sboccato e imbattibile. Il sequel, sia su carta che su schermo era lapalissiano. Il primo film era firmato dall’ottimo britannico Matthew Vaughn (X-Men: L’inizio), che sposava i tarantinismi della storia, in un vortice di ultra-violenza colorata e di politically “incorrect” . Per il secondo episodio si affida tutto (regia e sceneggiatura) allo sconosciuto Jeff Wadlow, e si ha la sensazione di perdere qualcosa per strada; tuttavia se c’è una saga in cui i personaggi, sempre affascinanti, reggono tutto sulle loro spalle, è questa: con loro in gioco non si sbaglia.
Questo secondo round si focalizza sul dolore della crescita (i due principali eroi sopravvissuti della saga sono minorenni), sull’imparare le proprie responsabilità, la dolorosa scelta tra vita reale e costume. Sempre più maschere sono spuntate a New York, e anche i primi, inediti supercriminali non si fanno attendere. Tra i buoni spunta il Colonnello Stars and Stripes (un Jim Carrey sempre bravo, ma rischiosamente fuori binario), ex mafioso pentito che ha ritrovato Dio, ma ha conservato i metodi cruenti della Piovra; tra i cattivi torna il vendicativo rampollo nerd del boss ucciso nel primo film, con una sinistra nuova identità (è Christopher Mintz-Plasse, giovane attore letteralmente mitico negli U.S.A., ma non chiedeteci perché).
Per quanto il film si ponga l’intento (ancor più ambizioso e drammatico del primo) di far riflettere lo spettatore su alcune questioni morali, il divertimento catartico che nasce dalla violenza ancora regna sovrano. Per una volta non preoccupiamocene.
VOTO: 3,5/5
Articolo del
30/08/2013 -
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