Simon (James McAvoy) è un curatore d’aste che, durante una rapina capitanata da Frank (Vincent Cassel), nasconde il quadro preso di mira dai rapinatori. Ma, a causa di un incidente, Simon perde la memoria. Così Frank decide di contattare l’ipnoterapeuta Elizabeth (Rosario Dawson) per ipnotizzare Simon e scoprire dove si trova il dipinto.
Piccola premessa: è quasi impossibile parlare di una pellicola come In Trance senza incappare in qualche piccolo spoiler. Prometto di fare del mio meglio per non svelarvi niente di importante.
Vista l’improbabile, ma curiosa, idea di partenza In Trance può sembrare solamente l’ennesimo heist movie dalla premessa intrigante ma dallo svolgimento banale e prevedibile (come la storia dei maghi criminali raccontata nel dimenticabile Now You See Me di Louis Leterrier). E la scena iniziale sembra confermarcelo: una classica, anche se ben fatta, sequenza di rapina come l’abbiamo già vista molte volte al cinema. Ma con l’arrivo del personaggio interpretato da Rosario Dawson qualcosa inizia a cambiare . Man mano che Simon, interpretato da un ottimo James McAvoy, attraverso le sedute di ipnosi svela il suo vero io, pure In Trance inizia a mostrare la sua vera natura e, quello che sembrava un gradevole film di genere, si rivela come qualcosa di diverso. Quella che sembrava la storia di un quadro rubato e del suo ritrovamento si trasforma, contro ogni aspettativa, nel racconto di una donna, della sua rivincita e della sua voglia di voltare pagina. E se questa trasformazione è inedita in un thriller, è ancora più inedita in un film diretto da un regista come Boyle abituato a raccontarci di un universo prevalentemente maschile (in film come Trainspotting, 127 Ore e Sunshine le donne sono messe in secondo piano). La passione e la vitalità con cui Boyle affronta questa sua “prima volta” (basti vedere come il regista scozzese inquadra la sua protagonista, qui Rosario Dawson è veramente da infarto) riesce a regalare un ritratto commovente e profondo della sua protagonista ed eleva In Trance un gradino sopra rispetto a prodotti analoghi freddi e apatici (come il pessimo Inception di Christopher Nolan) troppo presi a creare una sceneggiatura complessa fine a se stessa e dimenticandosi dei personaggi. Al contrario, Boyle fa vivere i suoi protagonisti lavorando in maniera straordinaria sul piano fisico e tattile riuscendo a far vivere allo spettatore il sesso, il sangue, ed il dolore presenti nella pellicola. Tutto questo basta per rendere In Trance una visione obbligata e per confermare il talento di Danny Boyle.
Ma il grande pubblico, visti gli incassi non straordinari, sembra non concordare. Non preoccuparti Danny: il tuo più grande successo (quel The Millionaire che ha ricevuto una pioggia di premi Oscar) è anche il tuo film meno riuscito.
VOTO 3,5/5
Articolo del
02/10/2013 -
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