Edgar Wright
La Fine del Mondo (The World’s End)
Commedia, Fantascienza, durata: 109’ – Regno Unito
2013
Big Talk Productions, Relativity Media, Working Title Films / Universal Pictures Italia
di
Omar Cataldi
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Terzo e ultimo capitolo per la cosiddetta Trilogia del Cornetto, della premiata ditta inglese Simon Pegg (protagonista) & Edgar Wright (regista): qui finisce la commedia… o meglio, la parodia. Nove anni fa L’alba dei morti dementi, demenziale sberleffo del genere zombie apocalypse. Poi fu la volta di Hot Fuzz, dove si risciacquavano nel Tamigi i panni dell’action-poliziesco d’oltreoceano. Oggi La Fine del Mondo ci mostra un’assurda invasione aliena di un’umanità ubriaca. Ciascun film è un omaggio ad un genere hollywoodiano, nonché bonaria canzonatura di alcune caratteristiche anglosassoni, e non solo.
Il multiforme capocomico Pegg è ormai un volto piuttosto famoso (è uno degli eroi dello Star Trek abramsiano e degli ultimi Mission Impossible), mentre il timoniere Wright dirigerà uno dei prossimi film Marvel: per cui si possono permettere ora un’ultima, grande parodia, quella fantascientifica, in un pirotecnico addio.
In una trilogia denominata dai cameo hitchcockiani del famoso gelato, non è un filo narrativo a collegare gli episodi, quanto il racconto di un personaggio (Pegg appunto) un po’ fuori fase, che trova la sua ancora di salvataggio nelle amicizie virili e nella frequentazione di pub, emblematica abitudine britannica, qui assurta a mitologiche quanto autoironiche vette. L’eroe del primo film era un venditore di elettrodomestici svanito e irresponsabile: la sua vita rimaneva sospesa nello “zombico” limbo di un pub londinese, mentre nel secondo era un superpoliziotto zelante, maniacale (e astemio!), punito con l’esilio nel quieto countryside. Il terzo episodio, La Fine del Mondo diciamolo subito, non fa eccezioni: è il nome di un pub, più che una minaccia aliena. Ma pur nella surrealtà delle situazioni anche qui si sottolineano i caratteri umani. Il protagonista quarantenne è rimasto bloccato mentalmente a vent’anni prima, ad una leggendaria impresa di pub crawling (giro rituale di un certo numero di locali per bere birra) fatta con i suoi compagni di scuola, poi allontanatisi. Rimettere insieme quei cinque riluttanti moschettieri del boccale è l’impresa cardine del film, ma con il già rodato effetto sorpresa comico-surreale cui la saga ci ha abituati, l’imponderabile minaccia (stavolta stellare) irromperà sulla scena, cementando amicizie e creando inattesi eroi.
Edgar Wright è fedele al suo solito stile di regia vivace: esilaranti i suoi montaggi accelerati e reiterati che i suoi fans hanno imparato a riconoscere ed amare, e davvero coinvolgenti le numerose scene d’azione nel finale. Se il regista saprà portare queste sue qualità alla Marvel per il futuro Ant-Man, lo scopriremo tra due anni: in caso positivo sarà l’ennesimo successo globale della Casa delle Idee, e un ottimo cineasta che riceverà finalmente il tributo dovuto.
VOTO: 4/5
Articolo del
14/10/2013 -
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