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Schultze è troppo grande per stare dentro a dei luoghi comuni. Eppure Schultze, protagonista del film premiato a Venezia con un Premio speciale ed applaudito nel recente festival del cinema tedesco a Roma, sembra un riassunto di tutti i luoghi comuni sui tedeschi della Germania più profonda: una Germania fatta di birra, Würstel, orchestrine e cortesia, dove di generazione in generazione si suona sempre la stessa musica, si mangia la stessa minestra, si rispettano disciplinatamente gli stessi riti. Di questi riti, Schultze sembra la quintessenza. con la sua pancia da bevitore di birra, la fisarmonica per suonare la polka come la suonava suo padre, il cappello levato a salutare presentandosi per cognome proprio come i tedeschi delle barzellette… eppure è proprio a lui che capita un imprevisto, una musica che non gli esce dalla testa e che non gli dà tregua fino a portarlo fuori dal suo mondo, lontano da casa, dalle consuetudini in cui i tedeschi amano annegare le loro incertezze, fino ad avere il coraggio di affrontare ciò che gli era ignoto. Una storia di fatti piccoli ma raccontata, nella seconda parte, con una dinamica da grande avventura epica fanno di questo film un'opera che può piacere soprattutto a chi sappia apprezzare il tentativo di un cinema fatto di cose piccole e banali, osservate in modo non banale. Ma 'Schultze vuole suonare il blues' si raccomanda anche come avanposto di un cinema tedesco che, come si è visto nel recente festival che si è svolto al cinema Barberini di Roma, sa produrre cose sempre più interessanti, scrollandosi di dosso, proprio come Schultze, tanti luoghi comuni sempre più stretti per un paese grande, anche al cinema.
Articolo del
30/04/2004 -
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