Tim Burton
Big Eyes
Drammatico, Biografico - USA, 104'
2014
Silverwood Films, Electric City Entertainment,Tim Burton Productions
di
Omar Cataldi
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La controversa, vera storia dei famosi “occhioni” dei coniugi Keane è al centro del nuovo film di Tim Burton: no, stavolta niente fantasmi, vampiri, e figure tenebrose o soprannaturali, solo dei tristi (e inquietanti) dipinti di bambini. Un Burton en travesti?
In una solare San Francisco a cavallo tra i ’50 e i ’60, una pittrice divorziata con figlia poteva ben poco sperare di sbarcare il lunario con la propria arte pittorica, seppure in una città così progressista e bohémienne. Margaret (Amy Adams), niente affatto artista maledetta, si fa irretire in un nuovo matrimonio con l’untuoso, trafficone e spiantato Walter Keane (Christoph Waltz), che si approprierà dell’arte di sua moglie non appena ne fiuterà il crescente successo.
Per molti anni il mondo ha creduto che i quadri ossessivi, monotoni e commoventi di bambini dagli occhi grandi fossero opera di Walter: l’opera burtoniana fa definitiva chiarezza, rappresentandoci anche le fasi processuali in cui marito e moglie lottano per la proprietà intellettuale e artistica delle loro opere. Sicuramente quello che più colpisce di questa storia è la rappresentazione di un bizzarro matrimonio: una moglie talentuosa e debole, sfruttata da un marito artisticamente nullo che proietta su di sé i successi della sua metà, ricavandone soddisfazione personale ed economica.
Sì, questo è il fulcro drammatico del film, firmato dagli sceneggiatori dell’altra stupenda biografia burtoniana, Ed Wood, ma c’è di più. C’è una riflessione sul mondo interiore dell’artista, sulla sua ispirazione: il regista, (anch’egli disegnatore e illustratore), parla di sé attraverso Margaret Keane. Da dove vengono gli ossessivi bambini dai grandi occhi? (E quindi: da dove viene l’ossessivo immaginario dark e halloweeniano di Burton?). Tanto più che né Margaret né Burton sembrano condurre vite particolarmente malinconiche o “tenebrose”. E’ quello che vorrebbero sapere anche i frequentatori delle gallerie d’arte dove i Keane cominciano ad esporre, con “orrore” da parte del mondo dell’arte americana “superiore” (quella davvero costosa).
Interrogata a tal proposito nel film, la pittrice dà risposte vaghe e inconcludenti. Walter Keane, intervistato dalla tv su un parto artistico che non è il suo, non può fare altro che tirare banalmente in ballo gli orfanelli berlinesi della Seconda guerra mondiale. Lacrime sui volti degli intervistatori: è ciò che volevano sentirsi rispondere. Non scandagliamo le anime degli artisti, suggerisce Burton, godiamone solo le emozioni.
Articolo del
11/01/2015 -
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