Dieci anni prima della nascita del regista Kenneth Branagh, nel 1950, Walt Disney sfornava uno dei suoi lungometraggi animati di successo: Cenerentola. Oggi, sessantacinque dopo, in un’epoca in cui i produttori hollywoodiani e le vette disneyane annaspano disperatamente alla ricerca del nuovo, torna il classico.
Branagh è l’uomo dei classici (William Shakespeare, soprattutto, ma anche Mary Shelley, e sì, Wolfgang Amadeus Mozart), per cui, avranno pensato quegli alti papaveri, cosa di più classico di una fiaba... In un mondo caratterizzato da forti revisionismi, da contestazioni dei valori stabiliti, dalla ridiscussione dei ruoli (leggi Maleficent), la Cenerentola di Branagh si erge come un vetusto monolito, vestigia di immutate epoche millenarie.
A parte il fatto di essere un live-action, e non un cartoon, e di avere soppresso le tipiche canzoni disneyane (sospiri di sollievo si leveranno da molte poltrone), Branagh, e il suo sceneggiatore di turno Chris Weitz, il cui unico merito cinematografico è forse About a Boy, confezionano un vero oggetto di Tradizione.
Per cui aspettatevi tanto miele (davvero tanto, forse per compensare la prevista estinzione delle api?), costumi e ambientazioni mozzafiato che stracciano persino quelle del superbo Hamlet (anche qui siamo in uno pseudo-Ottocento europeo), un’eroina stoica, misericordiosa, e ahimè insipida, proprio come da tradizione. E per restare in linea con la storia disneyana, una grandiosa cattiva, la matrigna (oh, quanta malvagità è legata a questo vocabolo italiano, ed è tutto “merito” di Disney), sempre assai più sfaccettata e psicologicamente interessante di qualsiasi altro personaggio. Dopotutto si tratta di Cate Blanchett, dall’Australia con fervore (recitativo). Velo pietoso invece su una distratta Fata Madrina (inadatta, per una volta, Helena Bonham Carter), che non trasmette proprio nessuna magia col suo bibbidi-bobbidi-bu, se non quella degli effetti speciali di routine, decisamente meno memorabili, per una volta, delle scenografie. Una Fata Madrina che tuttavia, nella sua inefficacia, diviene involontaria metafora della ormai incrinata magia Disney.
Dunque piacerà certo ai bambini, nella loro ingenuità, questa versione, soprattutto a quelli cresciuti senza la visione dei grandi classici, anagraficamente ed erroneamente percepiti come lontani: chi vedrà solo questa pur visivamente sontuosa nuova edizione non potrà sospettare di un intero mondo glorioso di capolavori, ormai alle nostre spalle. E la Disney in declino continuerà a fagocitare studios e franchise (Pixar, Marvel, Star Wars) per non soccombere alla sua stessa inarrivabile eredità…
Articolo del
27/03/2015 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|