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Bill Condon
Mr. Holmes
Drammatico, Gran Bretagna, USA - 104'
2015
See-Saw Films, AI-Film, Archer Gray
di
Claudio Prandin
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Dopo aver sconfitto assassini, furfanti di ogni risma e soprattutto il bad villain per eccellenza Mr. Moriarty, in questa ennesima avventura Sherlock Holmes deve affrontare un nemico subdolo e invisibile: la vecchiaia; quali armi possiede l’uomo contro tale avversario? O meglio: quali armi possiede uno dei personaggi più amati della letteratura mondiale? La sua accentuatissima intelligenza, l’ironia che da sempre lo contraddistingue e un’implacabile determinazione. In questo film di Bill Condon, Sherlock Holmes è vecchio e stanco, si è ritirato in una casa solitaria lontana da Londra per dedicarsi alle amate api e cerca di ricordare il suo ultimo caso, l’unico della sua carriera che non sia riuscito a risolvere. Ad aiutarlo ci sono solo un bambino (il figlio della sua governante) e l’infuso del fiore di pepe che Mr. Holmes, confidando nelle sue proprietà curative, è andato a ritirare personalmente in Giappone; lentamente ma progressivamente lo spesso velo che ha coperto i suoi ricordi si solleva portando alla luce la storia del caso irrisolto.
La regia punta molto sui primi piani del bravissimo Ian McKellen e confeziona una storia che si dipana in tempi lunghi e lenti per sottolineare la stanchezza del personaggio; affronta con continui flashback tre storie parallele: quella del vecchio investigatore, quella del caso irrisolto che affonda nel passato remoto e quella più recente del viaggio in Giappone dove il protagonista incontra un giovane uomo appassionato dei suoi casi; i denominatori comuni delle tre storie sono (ed è una stranezza paragonandole alle vicende scritte da Sir Arthur Conan Doyle) il rapporto genitori/figli e l’abbandono; è fortissima infatti la sensazione di perdita vissuta dall’investigatore quando racconta delle persone che ha amato durante la sua lunga vita: il fratello Mycroft, l’amico Dr. Watson e Mrs. Hudson la mitica affittacamere londinese. Un aspetto molto interessante è il distacco che lo Sherlock Holmes in carne ed ossa dimostra nei confronti del personaggio: asserisce ripetutamente di essere assai diverso da come lo descrive il Dr. Watson arrivando persino a rinnegare la pipa, il cappello da caccia e a pronunciare le parole “le storie di fantasia sono inutili”.
Dedico un plauso particolare alla bravissima Laura Linney che interpreta una domestica goffa e sgraziata che non perde mai la sua dignità e sebbene si dimostri arrendevole nei confronti del suo misogino titolare è sempre risoluta e determinata quando di tratta della salute e del futuro del suo bambino.
Articolo del
01/12/2015 -
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