Giochi della Fame, episodio 3.2: fine della corsa per la nostra Katniss. Una ragazza che, per amore della sua “paperella” (la sorellina Prim) si era offerta volontaria al suo posto in un cruento tv show gladiatorio, creato per tenere buone le masse oppresse dei distopici Stati Uniti del futuro, è ormai vicina al sic semper tyrannis col machiavellico dittatore/presidente Snow. Divenuta suo malgrado icona del riscatto dei servi della gleba contro la debosciata autorità centralizzata della capitale, la trecciuta ragazza-arciere rivolge il meccanismo mediatico contro quegli stessi lobbisti che l’hanno creato, ma deve stare attenta a non rimanere stritolata dai nuovi giochi di potere nati intorno alla sua stessa figura.
Nonostante sia tratta dalla trilogia narrativa young adult di Suzanne Collins, genere facilmente snobbabile, la saga degli Hunger Games, pur scopiazzando elementi qua e là, come vuole sua maestà il Postmodernismo, ha dimostrato di essere profonda e brutale, e più “anziana” del pubblico a cui è rivolta, cosa che l’ha resa un fenomeno mondiale. E non si può tacere il contributo del controverso tomboy Jennifer Lawrence, che, volendo ignorare l’Oscar, ha reso iconica la nostra eroina al di là delle più rosee previsioni. L’altro Lawrence invece, Francis Lawrence, nuovo regista, non imparentato con la nostra, subentrato a Gary Ross dal secondo episodio, non sembra un timoniere cinematograficamente così entusiasmante, è solo il fascino del materiale che lo salva.
Questo quarto episodio (in realtà seconda metà del terzo) dimostra ancora una volta che la moda hollywoodiana di dividere in due i finali delle saghe non è proprio dovuto ad una esigenza di approfondimento narrativo. Su alcuni snodi del racconto si sorvola, e alcuni personaggi della saga, su cui si era insistito prima, vengono eclissati… nonostante le quattro ore a disposizione. Un angolo del celeberrimo triangolo Katniss/Peeta/Gale, per dirne una, resta un po’ fumoso agli spettatori che hanno letto le pagine originali.
Ma quando c’è in corso una guerra civile, una rivoluzione, che importano i singoli? Si sono messi in moto gli eventi storici che porteranno ad una nuova Panem, più democratica, tuttavia i vuoti di potere non sempre vengono riempiti nel migliore dei modi. Katniss dovrà uccidere ancora e definitivamente, stavolta non per concrete ragioni di sopravvivenza, non in un’arena, ma per idealismo, moralità, per la visione di futuro migliore. E nel caso qualcuno l'avesse dimenticato, stiamo parlando di una minorenne, anzi di minorenni, che la dura realtà di un mondo distorto porta a scelte che farebbero tremare un adulto seppur saggio…
Cosa resterà degli Hunger Games? A conti fatti, una buona saga cinematografica hollywoodiana, superiore alla media di tante, grazie soprattutto ad un cast memorabile e al materiale di partenza. E un’ennesima rappresentazione distopica del nostro futuro su cui riflettere, (e da liquidare presto con un’alzata di spalle). E tanto merchandising, ad accompagnare una potenziale esperienza formativa per lettori adolescenti, seppellita presto negli spazi più reconditi della memoria, in tempo per tornare ad oziare sui social network.
Articolo del
04/12/2015 -
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