Chi salverà la New York Symphony Orchestra dalla ruggine e dalla bancarotta? Ma un nuovo direttore d’orchestra emergente, ovviamente, eccentrico, esotico e… media-friendly.
Mozart in the Jungle, fresca vincitrice del Golden Globe come migliore serie commedia, è una frizzante e scandalosa cavalcata nel mondo della musica classica statunitense, senza avere tuttavia il minimo intento divulgativo, anzi... Ispirata alle omonime e dirompenti memorie di una oboista, scava nei retroscena di un mondo che, visto dalle poltrone di una sala concerti sembra etereo, apollineo, puro. La realtà quotidiana degli orchestrali è invece un Vietnam di lavori extra umilianti e sottopagati, pugnalate alle spalle, difficoltà sentimentali e sociali, agitazioni sindacali. Altro che Grande Musica!
Il tutto visto con gli occhi della protagonista Hayley, giovane, talentuosa e già frustrata suonatrice di oboe (uno dei più difficili strumenti classici) che aspira alla svolta della vita, un posto fisso nella New York Symphony (orchestra di finzione, ma non troppo, diciamolo). Il vecchio e capriccioso direttore d’orchestra, Thomas Pembridge (un abrasivo Malcolm McDowell), lascia il posto, con irritazione, alla nuova osannata star del podio, il giovane messicano Rodrigo de Souza (un tenero e carismatico Gael Garcia Bernal).
Chi ama e segue il mondo odierno della classica, non solo americana, capirà all’istante che il personaggio di Rodrigo non è altro che una caricatura dell’enfant prodige sudamericano Gustavo Dudamel, già protetto di Claudio Abbado, che infuria nei reparti cd dei negozi di musica. Lo stesso Dudamel tra l’altro, insieme ad una pletora di stelle delle sale da concerto d’oltreoceano, si concede un significativo e fulminante cameo all’inizio della seconda stagione.
Nonostante la serie metta in luce gli avidi e spietati dietro-le-quinte nella vita dei poveri musicisti, dei mecenati più o meno illuminati, dei pericolosi comitati direttivi, lo fa sempre con grande leggerezza e amabilità, con guizzi di surrealtà che sembrano essere proprio zampino dei creatori Roman Coppola e Jason Schwartzman, già fidati fiancheggiatori di Wes Anderson. La leggerezza e l’amabilità sono quelle personificate nel maestro de Souza, o semplicemente “Rodrigo!”, (come vorrebbe venderlo al pubblico il ruffiano marketing): fermo quando necessario, ma sempre dolce e disponibile con tutti, pur restando imperscrutabile e (ad occhi occidentali) esotico, riceve visite dal Wolfgang Amadeus del titolo quando è in crisi, e ne cerca avidamente il consiglio.
Mozart in the Jungle, anche se non destinata agli annali della commedia televisiva (ci sono già fin troppi pretendenti negli ultimi tempi), resterà nel cuore degli amanti della musica colta (finalmente qualche briciola anche per loro!), negli spettatori in cerca di una trama verista con momenti di assurdità (proprio come la vita), e soprattutto di personaggi adorabilmente “difettosi”, ultimi gloriosi quanto malridotti tedofori della cultura musicale occidentale in una realtà contemporanea che non sembra riservare alle arti sonore lo stesso munifico trattamento di altri rami del sapere umano.
Articolo del
03/02/2016 -
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