John Hillcoat
Codice 999
Drammatico, Azione, Thriller - USA, 115'
2016
Worldview Entertainment, Anonymous Content, Surefire Entertainment Capital - M2 Pictures
di
Elisabetta Lanzillotti
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Diretto da John Hillcoat (Lawless, La proposta), Australiano che si incarta nel mondo della criminalità americana più classica. Filmato su posto in Atlanta, Georgia, nei quartieri poveri, brutti e infestati da gang, droga e corruzione.. pare di aver già sentito qualcosa del genere. Un film drammatico che vuole affacciarsi drammaticamente al “true crime” con una trama che vorrebbe andare verso il thriller: detective cattivi rubano per conto della mafia russa, qui rappresentata da una Kate Winslet che pare uscita da un video trash dei Depeche Mode, poliziotto buono, detective vecchio, stanco, alcolizzato e più ma pieno di intuito (Woody Harrelson, un filo sopra le righe, ma ormai non gli si può dire nulla perché appena entra in un film la qualità si alza a prescindere). Nei panni del protagonista in questo ensemble il piccolo Affleck, Casey. Casey, ci spiace dirlo, lo abbiamo detto di tuo fratello e dopo Batman ci siamo pentiti quindi non prenderla male, torna dietro la macchina da presa, dirigi, è meglio così data la spiccata mancanza di qualsivoglia attività emotiva che traspare dalla tua faccia; siamo d’accordo sul fatto che tutti attorno hai corruzione e facce da sberle ma i gangster tatuati hanno più potenzialità in questo film. Eppure la premessa era buona, l’esecuzione nella prima parte del film non fa una piega per poi storpiarsi in involuzioni senza senso, scene appiccicate per mandare avanti la seconda parte della trama che è troppo “a caso” per sembrare plausibile. Da Breaking Bad attesissimo Aaron Paul il cui personaggio è centrale alla trama perché.. si droga? È impulsivo? L’ottimo candidato per delicate e precise operazioni di malavita tra poliziotti: la rappresentazione di cliché. Si sente la colonna sonora di Atticus Ross, nel senso che inizia a sembrare se stesso troppo evidentemente. Spari, squallore, sangue, esplosioni, tutto in piccole dosi. Si lascia spazio allo sviluppo dei personaggi, ma nessuno ne approfitta quindi rimangono tutti dei burattini stereotipati compreso Anthony Mackie che così vicino all’uscita di Captain America: Civil War appare ancora più sprecato mentre lo spettatore passa il film chiedendosi quando si metterà a volare e perché porta sempre delle sneakers orrende. Anche se visivamente soddisfacente Triple 9 finisce per essere un passatempo presto dimenticato, ma state sul finale per qualche ovvia sorpresa.
Articolo del
27/04/2016 -
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