Così come le devastazioni di Metropolis di un mesetto fa, che fecero scontrare i due pesi massimi della Distinta Concorrenza, ora anche a Lagos, Nigeria, si scatena il finimondo. Un intervento salvifico delle costumate truppe Marvel/Disney, gli Avengers, si risolve in un disastro, causando un bel po’ di decessi tra i civili.
Il governo americano, preoccupato perché per fare le frittate i supereroi rompono sempre qualche uovo, vorrebbe mettere loro il guinzaglio, orientandone le attività. Captain America, sentinella delle libertà, si oppone alle ingerenze delle alte sfere, Iron Man invece, in piena crisi di coscienza, si scopre filogovernativo. Un dibattito di etica tira l’altro, ciascun eroe segue il proprio cuore… insomma, sono esseri umani (quasi tutti) anche loro, quindi risolvono la contesa nel modo più umano possibile, con la guerra.
Il termine Civil War (guerra civile) evoca fantasmi decisamente minacciosi nella storia degli Stati Uniti, e oltreoceano di sicuro è un astuto titolo di impatto. Liberamente ispirato ad un’epopea fumettistica Marvel (firmata dal Mark Millar di Kick-Ass) che una decina d’anni fa vendette cifre stellari, Captain America: Civil War, più che il terzo episodio dell’eroe con lo scudo, è il tredicesimo del cineuniverso della Casa delle Idee. Tornano gli apprezzatissimi fratelli Anthony & Joe Russo al timone, nuovi beniamini degli studios, a dirigere un’Iliade di scontri fratricidi tra i nostri eroi preferiti, e il senso del tragico è palpabile. Tuttavia i Russo non sono Zack Snyder (grazie a Odino): qui non servono mantelli rossi che svolazzano al ralenti, scene notturne, atmosfere preapocalittiche, colori spenti, lunghe e malgestite menate filosofiche. Gli intenti seri e realistici dell’Universo DC, portati all’eccesso, si ritorcono contro i loro stessi ideatori.
Nella Marvel il realismo è “mozartiano”: apollineo, luminoso, fatto di dialoghi semplici ma arguti e acuminati, di riprese solari ma frenetiche e coinvolgenti. Non c’è bisogno di costruirvi intorno sovrastrutture estetiche di dubbia efficacia, tutto è al mero servizio della narrazione di una storia di esseri umani fallibili, che non possono permettersi di sbagliare ma lo fanno, eccome se lo fanno, e le conseguenze li tormentano… ma non si ritirano dalla lotta. Non sono i “dei” della DC, sono gli uomini della Marvel, insomma.
In questo ciclopico conflitto inter pares Tony Stark / Iron Man scivola nel gorgo del torto, e il suo senso di colpa per le vittime casuali dell’operato degli Avengers si tramuta in una jihad, dove (assai sinistramente) non si esita a reclutare bambini-soldato. Sì, perché la tanto decantata partecipazione di Spider-Man al film (lo interpreta il bravo emergente Tom Holland), reclutato tra le fila dei filogovernativi starkiani, potrà sicuramente strappare i sorrisi e l’approvazione di milioni di spettatori, ma non si tratta di altro che di un minorenne chiamato alle armi. E lui stesso, indottrinato e sedotto da Iron Man, non sa per cosa e contro cosa combatte, ripetendo frasi fatte. Ci ricorda qualche conflitto contemporaneo?
Se possiamo trarre due riflessioni finali da queste due ore e mezza di brillante ed ennesima esperienza visiva marveliana sono le seguenti: primo, che la Civil War è la dimostrazione definitiva che la Marvel ha saputo creare, con inarrestabile maestria, un universo completo, “realistico” e coerente, esattamente come sulle pagine dei fumetti, in cui si muovono tutti i suoi eroi, e che i suddetti in qualsiasi momento possono incontrarsi, amarsi e/o odiarsi tutti insieme sul grande schermo; secondo, che i grandi conflitti e i grandi interrogativi filosofici che i superpoteri necessariamente portano con sé non hanno bisogno di un palcoscenico oscuro e tragico e un minaccioso temporale sullo sfondo… a volte basta solo un aeroporto tedesco evacuato, in pieno giorno.
Articolo del
05/05/2016 -
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