Manca poco ormai al mezzo secolo di vita di Star Trek, ovvero il sogno scientista, e soprattutto umanista, di un futuro migliore per l’umanità, e di un’umanità migliore per il futuro, sognato da un texano fuori dagli stereotipi di cappello, cinturone e pistola. L’ideatore della saga, Gene Roddenberry, portò il dialogo interculturale, interrazziale, e sì, anche interspecie, là dove nessuno era mai giunto prima.
Un’astronave coraggiosa, un amatissimo equipaggio, dai mille colori, delle divise e della pelle (assai prima di Benetton), un capitano giovane, aitante e dinamico, self-made man di origini contadine, tutto istinto e carisma, James Tiberius Kirk. Sette anni fa, J. J. Abrams, principe di Galles dei regni spielberghiani e lucasiani, fece l’inosabile: riportò in vita la Serie Classica, con un nuovo cast di sosia (in spirito) degli eroi spaziali originali, ed un nuovo universo riazzerato per l’occasione.
Per qualche mese, rischiando la crocefissione per il suo mai rinnegato amore per la saga rivale di Star Wars, Abrams tenne testa ai trekkers inferociti, ma poi uscì il primo film, e fu un effettivo incanto… Rispettoso dei personaggi e dell’universo Trek, prendendosi delle (legittime) libertà laddove necessario, ma immergendo il tutto in un ritmo che gli anni Sessanta ignoravano, il regista soddisfece tutti. Davvero buono anche il sequel, Into Darkness, pur se debitore di ampi stralci di trama da un film precedente notissimo e fin troppo idolatrato dai fans.
Ma ora, avendo visto il nuovo Star Trek Beyond, mi piace pensare che quei due pur notevolissimi film precedenti non fossero altro che un prologo di questa stupenda terza pellicola. Ed è significativo, perché è il primo Trek abramsiano non diretto da lui, ma dal “supplente” Justin Lin, (in prestito d’onore dalla saga di Fast and Furious). Sarà il cinquantenario imminente, ma Lin e il suo sceneggiatore Simon Pegg (anche interprete di Scotty, nonché nerd trekkiano della prima ora) non “nascondono” il loro amore e la loro competenza trek sotto strati di action… li mostrano agli spettatori in tutto il loro fulgore.
L’esplorazione dei misteri dello spazio e dei suoi fenomeni sconosciuti, pianeti selvaggi e ostili, ciò che mancava nei film precedenti e che dovrebbe essere l’anima del concetto di Star Trek (viaggio stellare esplorativo), qui c’è. Ci sono anche le strizzate d’occhio prosaiche e meno concettuali: l’alzata di sopracciglio di Spock, la (ri)costruzione dell’Enterprise, il compleanno di Kirk (cioè della saga), eccetera. C’è persino, altra grande tradizione, la bella aliena che fa girare la testa ai nerd, Jaylah, la streetdancer Sofia Boutella (con cui l’astuto sceneggiatore Simon Pegg si assicura di girare insieme più scene possibili).
A conti fatti, si ha l’impressione che il celebrato Abrams non avrebbe saputo riflettere altrettanto bene sulla saga rispetto all’insospettabile Lin. Le riflessioni di Kirk ad inizio film sulla routine della vita degli esploratori dello spazio (“mi sembra di vivere una serie di episodi tutti uguali”) sono una profonda e metafilmica ciliegina sulla torta al festeggiamento imminente, un classico autoesame al giro di boa, che solo un vero fan avrebbe saputo mettere su carta (e su pellicola).
VOTO: 4 / 5
Articolo del
29/07/2016 -
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