«Denis, Denis», cantavano in doo-wop i Blondie, allontanandosi dal loro usuale soft-punk, nel lontano 1978… E’ un ritornello che ogni buon cinefilo canticchierà sempre più in futuro, se il buon cineasta canadese Denis Villeneuve continuerà a firmare pellicole così affascinanti… Il suo Arrival è l’antitesi culturale, anzi, bisognerebbe dire l’antidoto, a film come Independence Day, che rendevano l’atterraggio pubblicamente planetario degli alieni una mera prova muscolare trumpiana tra razze…
Qui invece, seppure sempre scortati dall’esercito, si cerca innanzitutto di capirsi a vicenda. Louise, formidabile glottologa americana (un’intensa e umanissima Amy Adams), viene chiamata da Washington per incontrarsi con gli alieni e studiare il loro linguaggio inintelligibile e soprattutto la loro bizzarra scrittura. Si introduce con un team di scienziati in una delle gargantuesche lenti a contatto nere e levitanti che sarebbero le navi extraterrestri, e invece di un vagamente minaccioso e populista «Cosa siete venuti a fare qui?», si rivolge a quelle inquietanti piovre-ragno con vero buonsenso statunitense, «Ciao, io sono Louise, e voi?». Se è vero, come dicono alcune teorie scientifiche che la nostra eroina supporta, che il linguaggio che parliamo forgia chi siamo e come pensiamo… riflettiamo sulle differenze tra le due domande, e vediamo le differenze tra il parlare alieno e il nostro….
Questa è una spruzzatina di trama di un film di fantascienza che parla più che mai di noi stessi, di Umanità, qui esemplificata dalla protagonista, e (spoiler occulto) del nostro rapporto con la Vita e le scelte corrette e sbagliate. Se avessimo la capacità di vedere le conseguenze delle nostre scelte e le correggessimo, non significherebbe perdere la saggezza dell’esperienza? Il cinema di Villeneuve sembra avere particolarmente a cuore, oltre che il fornire allo spettatore un’opera visivamente rilevante, anche la riflessione sulle scelte dei personaggi, e sul rimpianto di quello che sarebbe potuto essere, se gli eventi avessero preso la “giusta china”. Che sia un padre disperato che sceglie di torturare il presunto rapitore di sua figlia (Prisoners), o una poliziotta ligia che rifiuta metodi equivalenti a quelli criminali per estirpare i criminali stessi (Sicario).
Villeneuve si prende sempre il tempo necessario per raccontare una storia, e le tentazioni da action hollywoodiano non lo sfiorano: i suoi thriller, e tutti i suoi ultimi film lo sono, diluiscono la tensione e danno agio allo spettatore di apprezzare le sue composizioni visive (i suoi direttori della fotografia ringraziano per le ripetute candidature all’Oscar). Questa sua maestria lo ha portato al suo prossimo film, Blade Runner 2049, e sembrerebbe anche ad un nuovo trattamento di Dune… Ridley Scott e David Lynch hanno trovato un erede? Sensazionalismi a parte, stiamo scoperto, film dopo film, un grande regista, e le scelte dei sempre oculati produttori lo hanno indirizzato verso due film di culto: nel preciso macchinario hollywoodiano non esistono coincidenze.
VOTO: 4/5
Articolo del
13/02/2017 -
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