Se il fumetto d’avventura nasceva negli USA del 1929 con le strisce di Tarzan e Buck Rogers, il cinema sonoro d’avventura nasceva allo stesso modo quattro anni dopo, nel 1933, con il primo King Kong firmato Cooper & Schoedsack. Capostipite di una serie di pellicole basate sul minaccioso esotismo delle ambientazioni, su intrepidi esploratori e cineasti, sì, cineasti (cinema uguale avventura, la sottintesa meta-riflessione), e soprattutto su mostri giganti, sovrani di isole dove il tempo si è fermato.
Ad ulteriore testimonianza dell’importanza di quella pellicola, e del bagaglio di Immaginario che ancora oggi porta con sé, si scomodò dodici anni fa nientemeno che il cineasta/cinefilo Peter Jackson, per farne un affettuoso, filologico, colossale (e purtroppo mai abbastanza celebrato) remake. Un personaggio, quello del gorilla gigante, che non ha mai smesso di battersi il petto e affrontare maligni dinosauri, dalla lontana Crisi di Wall Street fino a… quella odierna.
Sì perché oggi Kong torna a ruggire: c’è una sola cosa di cui non si può fare a meno al mondo, a parte le crisi economiche… un ulteriore franchise cinematografico. La Marvel ha segnato il passo, e così nasce il MonsterVerse, l’universo dei mostri giganti, iniziato tre anni fa col buon Godzilla di Gareth Edwards (Rogue One), e proseguito con questo secondo episodio, Kong: Skull Island, dell’indipendente Jordan Vogt-Roberts.
In attesa degli inevitabili crossover in cui il lucertolone e il gorillone se le daranno di santa ragione, la Legendary ci delizia con un film vivacemente diretto e montato, impeccabile visivamente, e molto, molto adrenalinico… Non c’è nulla di più adrenalinico di un gruppo di scienziati e di soldati che atterrano su un’isola sperduta del Pacifico in cerca di potenziali risorse, e trovano invece un esercito di ostili creature mangiauomini e un gigantesco dio solitario e irascibile, in forma di gorilla, che tenta di tenerle a bada.
Scomparso ogni accenno di Bella e Bestia della classica narrazione konghiana, (anche se la bionda c’è), la storia stavolta è ambientata alla fine della guerra del Vietnam. I personaggi sono stereotipi qui (ma lo erano anche nel ’33), e si crea un contesto più accattivante e solo apparentemente più serio (la smobilitazione delle truppe Usa dal Vietnam e tutti gli strascichi psicologici del caso); un ghiotto cast di star vecchie (tipo Samuel L. Jackson, novello Kurtz/Achab) e nuove (Brie Larson, tosta fotografa, e Tom Hiddleston, serio ex soldato) rende il film un pacco confezionato con gran cura estetica per stuzzicare un estemporaneo quanto labile sense of wonder nel classico movie-goer.
Il tempo di attendere il prossimo episodio, un altro Godzilla, tra due anni, e probabilmente avremmo dimenticato tutto… ma la Terra è cava (secondo le teorie del MonsterVerse) e piena zeppa di mostri pronti ad uscire fuori a divertirci… alla faccia della morale che l’Uomo è un arrogante granellino di sabbia in confronto alla Natura.
VOTO: 3 / 5
Articolo del
17/03/2017 -
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