A pensarci bene, la posta in gioco era molto alta. Da un lato, un’attesa lunga quasi 76 anni per avere un film cinematografico sulla prima supereroina della Storia… (E no, non teniamo conto della serie tv kitsch-cult degli anni Settanta, noi si voleva il cinema, santi Lumiere!). Dall’altro lato, i critici, soprattutto americani, pronti al varco con le tastiere sguainate, pronti a stroncare il film sulla Donna Meraviglia, così come avevano fatto per i precedenti del neonato Universo DC: Suicide Squad, Batman v Superman, L’Uomo d’Acciaio. Tutti disastri… con molte cose buone e interessanti al loro interno, ma nel complesso da cestinare.
Ancora: Gal Gadot, semi-oscura modella scelta per l’iconico ruolo che le (e ci) cambierà la vita, e gli anatemi che l’hanno accompagnata e che ancora l’accompagnano, la sua magrezza da passerella e la sua aborrita nazionalità. Molti hanno cambiato idea, molti no… Ma quando si fanno i conti con il grande schermo, le nostre presunte priorità visive da pagina di fumetto vanno necessariamente riviste. A conti fatti, la nostra divina Gal viene promossa a pieni voti da una lapidaria, aritmetica frase: «Gal Gadot sta a Wonder Woman come Christopher Reeve sta a Superman».
Trovata la sua protagonista ideale, la regista Patty Jenkins (Monster) mette insieme un’aristotelica pellicola in equilibrio tra action, commedia e tragedia, sulle origini del personaggio: un classico Bildungsroman epico, in cui una guerriera ingenua e ignara del suo potenziale e del suo retaggio, attraversa l’inferno delle trincee e la malvagità di uomini e dei, acquisendo la consapevolezza di un vero eroe. Dalle schiere delle Amazzoni, tribù di immortali donne guerriere, recluse dal mondo in un’isola paradisiaca (la nostra Matera ritoccata al computer!), dove maschio non ha mai posato il suo peloso piede, Wonder Woman salva un pilota americano schiantatosi sulle spiagge fatate e lo riaccompagna nel Mondo degli Uomini, devastato dalla Prima guerra mondiale, per aiutarlo a far cessare “l’inutile strage.”
Nonostante Wonder Woman sia sempre stato un personaggio ampiamente iconico per il femminismo (e lo stesso individuo che la creò nel 1941, lo psichiatra protofemminista William Moulton Marston), la regista non pare aver voluto o potuto sottolineare questo aspetto più di tanto, se non goffamente e con numerosi passi falsi. Due clamorosi autogol della causa sono le due o tre scenate uterine che Wonder Woman fa di fronte agli uomini quando sente i suoi ingenui valori minacciati, che non possono non causare un ghigno ironico sui volti degli spettatori più assennati… e soprattutto, il colpo di (retro)scena sulle origini della stessa eroina, svelate da Ares, dio della guerra, e suo arcinemico, che fanno ontologicamente ripensare l’intero personaggio come icona femminile.
Tanta retorica ma poca sostanza? Non importa, alla fine dice il co-protagonista del film... E ha ragione. Noi crediamo che Wonder Woman, nonostante tutti i suoi difetti realizzativi (perché tanti ralenti, Zack Snyder, perché?), concettuali, e le polemiche varie, sia il film migliore dell’Universo DC finora, e uno dei migliori film supereroistici della nostra epoca. Un film che si fa amare per la sua protagonista misericordiosa e feroce, e la sua storia formativa epica e dolceamara, per i suoi occhi ingenui (ancorché divini) sul nostro macello di Mondo degli Uomini
VOTO: 4,5 / 5
Articolo del
10/06/2017 -
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