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È un po' troppo lungo, e forse non del tutto originale il film che, dopo aver vinto il festival di Berlino nel 2003, arriva da noi con l'ambizione di lanciare un giovane regista tedesco di origine turca, Fatih Akin, che su questa condizione (essere diventati tedeschi, ed europei, senza cessare di essere turchi) ha costruito un piccolo genere del quale questo film si propone come una sorta di manifesto. E su questo aspetto sembra puntare la distribuzione italiana quando dà al film un titolo, "La sposa turca", che concentra l'attenzione sull'elemento etnico-culturale e sulla protagonista femminile; un titolo però poco felice perché quello originale ("Gegen die Wand", cioè "contro il muro") rendeva più giustizia ad una storia che ha due protagonisti egualmente importanti ed è più complessa (semmai fin troppo) di una semplice descrizione di usi e costumi dei turchi di Germania. Una storia costruita attorno a personaggi diversamente disperati (uno non aspetta più nulla dalla vita, l'altra si aspetta tutto ma teme di non poterne avere nulla), che su questo terreno si incontrano, si conoscono e si cambiano andando però a sbattere ancora ciascuno contro i propri muri (materiali o culturali). Questo almeno nella prima parte del film (che da sola poteva forse bastare), perché la seconda parte è fondata invece sul tema di un un ritorno in Turchia per strade diverse e sul tentativo di lui di tornare a farle incrociare. Una seconda parte costruita su una situazione potenzialmente intrigante ma un po' troppo eguale a quella sulla quale è costruita la seconda parte di "She's so lovely - Cosi' carina" il film del 1997 girato da Nick Cassavetes su una sceneggiatura del padre John (se non è una citazione; mentre mi sembra poco probabile che tutti i punti di contatto fra le due storie possano essere frutto di casualità). In ogni caso, quando si arriva alla conclusione, che ha comunque il merito di non essere scontata, restano alcune perplessità: lei, con la sua ansia di vivere un'intensa vita erotica, è un personaggio piuttosto forzato; lui dovrebbe essere enigmatico ma a volte sembra solo poco intelligente; e l'alternarsi di situazioni diverse sembra il frutto di una volontà di costruire un film cucinando nello stesso calderone un po' di violenza, un po' di tenerezza, un po' di sesso e un po' di notazioni sociologiche, nel tentativo di fare un piatto buono un po' per tutti i gusti. Ma anche col rischio, se si sbagliano le dosi, di produrre qualcosa di poco commestibile.
Articolo del
25/10/2004 -
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