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Con settembre/ottobre riapre la stagione del cinema, portandosi dietro gli attesi film che sono stati presentati e consacrati all’ultima Mostra del cinema di Cannes e di Venezia. Pensavate allora di esservi liberati delle favole hollywoodiane, zoccolo duro della distribuzione estiva? Purtroppo Jersey girl è l’ennesimo “american dream” che si attua per scacciare - forse - gli assillanti fantasmi della guerra in Iraq. Ollie (Ben Affleck) capo ufficio stampa ha una vita perfetta, un lavoro di successo, una bella moglie Gertrude (J. Lo alias Jennifer Lopez) e una figlia in arrivo… ma le cose non vanno come dovrebbero. Cosa succede a Ollie se la sua Gertrude muore dopo aver dato alla luce una bambina? Da questa idea banalissima partorita dall’artista a tutto tondo Kevin Smith (già regista, sceneggiatore, attore… fra l’altro anche del notevole Clerks, fenomeno di successo, esempio di cinema a basso costo degli anni ‘90) è nato questo lungometraggio. Che tirasse una brutta aria lo si capiva già dalle premesse attoriali (un cast che rappresenta l’essenza cool americana); Jersey girl non è il più brutto film in circolazione sul mercato, ma è sicuramente uno dei più noiosi, aggettivo per una commedia a dir poco massacrante. Una wasp comedy (acronimo di white anglosaxon protestant, designazione della ricca borghesia bianca americana) déja vu, che ruota intorno a un tema già raccontato mille volte (il filone dei vedovi/papà in cerca di nuova fidanzata), nel senso dei contenuti, dei materiali, dei linguaggi stereotipati. Il regista duella sul campo con il mestierante Matarazzo e le fiction televisive: tra le ombre del presente e gli spettri di giorni felici del passato si alternano le sequenze di questa triste e noiosa pellicola, che mescola il dramma e la commedia. Classica storia al servizio delle due icone sexy, supercool e di richiamo, come la ex supercoppia (anche nella vita) hollywoodiana Ben Afflek e J. Lo. I due belli di razza, accontentano esteticamente – nel senso più superficiale del termine - l’occhio, alle prese con una comedy malinconica affidata al mestiere di Kevin Smith. La commedia e il dramma sentimentale scorrono in avanti e indietro l’arco emotivo della storia, senza giungere però a toccare veramente i cuori, anzi scivolando in troppe banalità, non riuscendo infatti a uscire dall’immaginabile e spegnendosi nella noia e nella prevedibilità (il dilemma di Ollie è tra due stili di vita, tra amore – la Jersey girl del titolo Liv Tyler – e carriera, che si concretizzano spazialmente nella dicotomia New Jersey/New York). Il risultato è uno scollamento fra script e personaggi, che finisce per lasciare gli attori in un limbo favolistico, non permettendo né riflessione né identificazione da parte dello spettatore. Tra difficoltà e sogni infranti si arriva attraverso una regia convenzionale e una sceneggiatura piena di buchi all’happy end finale, come vuole la tradizione, che più che alla realtà si ispira al sogno. Cosa altro dire di questo classico filmetto disimpegnato, naturalmente consigliarlo all’americano medio che vota Bush e che crede ancora alle fiabe…
Articolo del
05/11/2004 -
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