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Ovunque sei cammini con il tuo passato, con ciò che sei stato, fosse anche per un solo giorno. Cerchi te, un tuo scopo, una direzione, e mentre lo fai diventi grande, ti innamori e realizzi dei progetti. Sotto le stelle di un cielo romano due giovani medici si scontrano con il loro desiderio di energia e la forza dell’abitudine, della certezza. Coinvolti dal loro lavoro e uniti fra loro in matrimonio incontrano l’abitudinarietà e la lontananza di tutte le coppie in crisi. Fino a quando Matteo, interpretato da un bravissimo Stefano Accorsi, non ha un incidente stradale che cambierà la vita di tutta la sua famiglia. Nelle zone ombrose della mente infatti la precarietà del vivere trova la sua protezione nel passato, così stabile rispetto al presente; il futuro stesso trascina con sé i fantasmi e si pone dei freni. Scorre il Tevere a Roma: che trasporta nelle sue acque i sensi di colpa, le illusioni, i sentimenti di un tempo irremovibile dalla sua fine: Matteo e sua moglie tentano di prolungare fino al presente ciò che in realtà appartiene solo alla memoria. Ed espandono così nella capitale i loro odori, i loro sorrisi, i loro baci, tentando di racchiuderli in un pensiero, o in una casa ricca di ricordi. Cercando di eliminare la monotonia a cui sono approdati, inseguendo la loro essenza più intima condurranno loro stessi alla scoperta di quel punto, di quell’attimo in cui la luce del passato smette di espandere il suo calore e la sua illusione e si stempera per lasciare libero il presente, e la vita. I bei dialoghi e la suggestiva fotografia completano un film suggestivo e brillante. Michele Placido è riuscito con Ovunque sei a realizzare un’opera di ampio respiro, che indaga le verità dell’esistenza con velleità e realismo. In quest’opera è significativo il ricorso all’ombra e alla luce, la scelta di luoghi chiusi e di spazi aperti: l’ombra e lo spazio chiuso sono collegati alla memoria e al sistema di autodifesa attraverso cui facciamo del passato un presente inesistente, mentre la luce e gli spazi aperti si collegano allo sbocciare e al procedere della vita. Ma sia nella manifestazione della morte che della vita, sia in quella della gioia che in quella del dolore, Ovunque sei ci trasporta in una prospettiva dell’esistenza che, oltre ad essere dolorosa e commovente, è vitale è intrisa di poesia.
Articolo del
19/11/2004 -
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