L’incontro tra Tina e Vore, i due protagonisti di Border – Creature di confine, secondo film del regista iraniano-svedese Ali Abbasi, vincitore della sezione Un certain regard del Festival di Cannes 2018, è esemplare. Tratto dal racconto Gräns (Confine, appunto) di Jhon Ajvide Lindqvist (autore del romanzo da cui il film Lasciami entrare di Tomas Alfredson), il film parla di identità, della relazione con se stessi, con le proprie parti più profonde e sconosciute, e di amore.
Veniamo immersi in atmosfere cupe, che sembrano appartenere più a stati interiori che ad una realtà oggettiva, e in una rappresentazione mai realistica della natura; le inquadrature dense e ricche di primi piani sembrano voler provocare nello spettatore una maggiore identificazione poiché ciò che sta per vedere lo riguarda personalmente, parla a ciascuno di noi.
Scopriamo che Tina e Vore sono due "Troll", esseri non umani, con parti femminili e maschili invertite, dal fiuto e dall’aspetto animale, creature di confine tra mondo umano e mondo animale, abitanti della frontiera dell’esistenza.
Tina è, tra i due, il personaggio di cui ci si innamora di più, per il coraggio, per la bellezza e la forza di chi non si rassegna ad un destino ingiusto. La sua è una storia di ricerca di identità e di senso raccontata attraverso una recitazione composta, quasi inespressiva di Eva Melander. L’aspetto fisico che la vede quasi deforme, una creatura difficile da definire, è un pretesto, un’iperbole visiva che favorisce il riconoscimento nel suo personaggio di quel coacervo di molteplicità, di quei tanti, contraddittori e scomodi “inquilini” che sono in tutti noi, ci turbano e il più delle volte vengono espulsi dalle nostre identità piuttosto che riconosciuti e integrati.
A Tina è stata sempre nascosta la sua natura diversa. Nell’evoluzione del film si assiste all’affiorare in lei di una presa di coscienza che si fa via via più urgente e viva e che culmina nell’incontro amoroso con Vore, finalmente qualcuno/qualcosa in cui riconoscersi. Vore è l’occasione, per Tina, di mettersi in contatto con quelle parti sconosciute, oscure, autentiche quanto il suo senso di inadeguatezza, selvagge, il cui mancato riconoscimento la rendeva un essere frustrato, fragile e profondamente infelice. Ora è pronta ad accogliere perché finalmente qualcuno le ha riconosciute e le ha amate.
Il loro diventa un incontro con l'universo, con Vore si fonde e diventa tutt’uno, un universo carico di luce, pioggia, acqua, cielo ma anche di tenebre, muschio, terra, vermi. Un amalgama non più omologato, omogeneizzato ma la ricomposizione di un essere multiforme dove le differenze sono un dettaglio, un aspetto dell’intero. La loro unione è una fusione che permette a Tina una rinascita, potente e carica di fecondità.
Entrambi hanno dei conti aperti con le loro origini, ogni esistenza porta in sé una sommatoria di ingiustizie, solo che Tina deciderà di lottare seguendo la sua moralità, mentre Vore cercherà soddisfazione nella vendetta e nel tentativo di proteggere la loro specie. Dunque, una volta incontratisi e riconosciutisi, la differente visione del mondo, quella maschile e femminile, si imporrà e i due saranno costretti a separarsi, anche se da questi due elementi inconciliabili si genererà la vita. Il loro incontro, come ogni vero incontro d’amore, segnerà un punto di non ritorno rispetto al passato. Tina, ora libera di essere quello che è, può prendersi cura di qualcun’altro, di un neo-nato, quel nuovo sé reale e/o simbolico generato con Vore, che non prevede più la presenza di lui
Articolo del
04/04/2019 -
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