Tunisia, settembre del 2011: Fares e Meriem sono una coppia benestante con un figlio di undici anni, Aziz. Per festeggiare una promozione professionale di Meriem decidono di trascorrere una breve vacanza nel sud del paese, a Tatouine. Nel vicino confine libico divampano gli scontri tra la popolazione civile e le forze lealiste del colonnello Mu’ammar Gheddafi. La situazione è tesa anche in Tunisia, e la giovane coppia si trova coinvolta in un conflitto a fuoco lungo la strada tra un gruppo di fondamentalisti islamici e l’esercito regolare tunisino, in cui perdono la vita sei militari. Anche il giovane Aziz viene colpito da un proiettile; gravemente ferito, viene ricoverato in ospedale, dove per sopravvivere dovrà subire un trapianto di fegato. Ma in Tunisia i trapianti di organi sono vietati per legge da donatori terzi, non appartenenti ai familiari diretti e consanguinei. Ed è per questo che le analisi del sangue a cui devono sottoporsi Fares e Meriem per verificare la compatibilità ed evitare il rigetto da parte di Aziz svelerà un segreto tenuto nascosto per undici anni. Sarà quel segreto ad aprire scenari inattesi; sarà quel segreto a minare tutte le certezze della coppia; sarà quel segreto a porre quesiti esistenziali e a gettare un’ombra che avvolgerà per sempre marito e moglie. Ovviamente quel segreto non lo sveliamo, perché deve arrivare allo spettatore come il pugno allo stomaco che tenga vive in tutti noi una serie di riflessioni a cui nessuno può sottrarsi: il ruolo della donna, e l’inevitabile senso di colpa con cui è costantemente costretta a convivere in una società dove i suoi diritti sono ancora molto lontani dalla parità con quelli degli uomini. Le conseguenze, sempre devastanti, della guerra, che genera profughi bambini sui quali si alimentano traffici intollerabili. E gli squali che le guerre producono, quegli uomini senza scrupoli che dalle disperazioni altrui traggono i loro cinici vantaggi. E poi le scelte a cui siamo chiamati a rispondere quando il destino ci colpisce nella nostra sfera personale, e che ci mette a dura prova nel misurare il valore della nostra vita con quello degli altri, anche quando gli altri sono a noi sconosciuti. Pur lasciando allo spettatore libera interpretazione delle suddette riflessioni, una cosa la possiamo, e dobbiamo, svelare: il film è bellissimo. Perché tocca temi umanamente alti, ponendo domande che a volte non possono trovare risposte se non quelle dettate dalla disperazione; perché è magnificamente recitato dai due interpreti principali (Sami Bouajila nel ruolo di Fares e Najla Ben Abdallah in quello di Meriem), che trasportano lo spettatore in quel tunnel di angoscia nell’attesa del vivere accanto al loro figlio che lotta ogni istante tra la vita e la morte. Perché, nonostante gli avvenimenti tragici, la regia trova magicamente il giusto equilibrio tra le stanze di ospedale dove si consumano drammi e sofferenze, e magnifici spazi esterni, desertici come luoghi dell’anima che alimentano speranze, svelano confini crudeli e corrotti, spazi infiniti che fanno perdere l’orientamento. Spazi che, proprio perché infiniti, sono anche attorno a noi!
Al cinema da giovedi 21 aprile 2022
Articolo del
14/04/2022 -
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