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Terry George
Hotel Ruanda
2004
Mikado
di
Claudio Biffi
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Prima della fine del secolo scorso dall’aprile al luglio del 1994 in Ruanda un milione di persone sono state massacrate in nome della rivalità etnica tra Hutu e Tutsi, probabilmente molti hanno rimosso questo “episodio” ormai circondati da una televisione e da una stampa nostrana che più che dare notizie su quello che accade di drammatico nel mondo ci propone le solite beghe politiche interne oppure gli scoop calcistici o la vita movimentata delle star dei reality show, ultima vera droga mediatica. Tutto quello che questo film ci fa vivere in due ore è realmente successo e il regista Terry George riesce a rappresentare questo dramma senza scadere nello “splatter” sanguinolento ma preparando lo spettatore in maniera crescente attraverso la vicenda di Paul Rusesebagina direttore del miglior albergo di Kigali, la capitale ruandese, che si ritrova suo malgrado protagonista, assieme alla propria famiglia, di cosa voglia dire l’odio razzista. Un odio bollato come “scontro tribale” dal mondo occidentale che si preoccupa di stigmatizzare le vicende come “atti di genocidio” come se fossero episodi in un contesto di normalità apparente dove le potenze che contano non hanno voglia di sporcarsi le mani per un niente perchè “gli africani sono solo africani, neanche negri e quindi non valgono niente” come sottolinea il convincente Nick Nolte nella parte del Generale dell’O.N.U. incaricato di far rispettare gli accordi di pace siglati tra i membri delle due tribù rivali. Don Cheadle, l’attore che nel film impersona Paul, vive tutto il dramma interiore di un popolo che credeva di avere il riconoscimento legittimo degli occidentali ed in particolare dei Belgi che tempo addietro avevano creato la distizione tra Hutu e Tutsi basandosi puramente sulle caratteristiche fisiche e somatiche della popolazione, ma che viene abbandonato con la massima indifferenza nel momento del vero bisogno. Ed è un forte atto d’accusa verso l’intera comunità internazionale quello che viene vissuto dallo spettatore nello scorrere le sequenze drammatiche della vicenda, anzi forse un atto d’accusa verso lui stesso che a detta dell’operatore video che lavora nella troupè incaricata di riprendere quello che succede a Kigali viene descritto come “quello che partecipa scioccato e disgustato dalla visione delle immagini ma che finisce con il dimenticarle pochi istanti dopo, tanto l’Africa è così lontana”. “Hotel Ruanda” è un film che merita di essere visto perché la memoria non ci abbandoni e perché ci fa riflettere su come “ogni guerra” in ogni sua declinazione specifica porti l’uomo a un tale livello di degenerazione da cui poi non si riesce più a tornare indietro.
Articolo del
01/04/2005 -
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