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A proposito di After the sunset di Brett Ratner, è inevitabile immaginarlo come nuova exploit di importazione USA, unica risposta possibile alla legge del boxoffice, non solo italiano. Siamo alle prese con una cinematografia di rapido consumo, destinata naturalmente in primo luogo al consumo di un pubblico con palati sempre meno raffinati. Il giovane Ratner è un artista multimediale che ha diretto contemporaneamente videoclip di molte grandi stars della musica contemporanea (ne ha diretti più di 100 con artisti del calibro di Madonna, Mariah Carey, P. Diddy e molti altri), grosse produzioni hollywoodiane campioni d’incasso (come il dittico Rush Houri e Rush Hour 2) e inoltre si è cimentato anche nel campo dell’editoria; tutto questo c’è la dice lunga su cosa ci dobbiamo spettare dal film. Perché senza alcun dubbio After the sunset è un oggetto commerciale, elegante e raffinato per quanto riguarda la sua accurata fotografia, opera nientemeno che di Dante Spinoti (do you remember L.A. Confidential or Insider?). È presente un senso estetico dell’inquadratura molto forte: tutto è obbligatoriamente “bello” e lo stile visivo apparenta il film più alle immagini patinate di un videoclip che al cinema. I dialoghi e la recitazione sono però degli optionals, come in tutti i copioni di blockbuster che si rispettino. La regia non è sempre eccelsa, tanto che la produzione è affidata quasi unicamente alla presenza di un cast full-stars. Brett Ratner gioca tutte le sue carte sui motivi dell’attore-personaggio, impegnato a mascherare le carenze interpretative con l’appeal feticistico dei corpi sexy dei due protagonisti la focosa latina Salma Hayek e l’irlandese Pierce Brosnan. Un limite, questo, che finisce per coinvolgere e influenzare la grammatica/sintassi del film, annullando la parola di un cinema sempre più scritto in maniera approssimativa. Ratter punta sulla battuta triviale, gratuita e banale, in quanto momento di insicurezza linguistica (“Come è andata la lezione di vela?”, dice Max; “l’istruttore di vela ha detto che di poppe vado splendidamente…”, risponde Lola; “Di poppa vorrai dire…”, ribadisce Max.). Dopo l’incipit programmaticamente alla Brian De Palma, dal quale prende lo spunto del nucleo della storia (il furto dei diamanti di Femme fatale) e dello stile (il piano sequenza truccato di circa l5 minuti e il dolly che riprende dall’alto l’incontro di boxe in Omicidio in diretta, qui sostituito da un più modesto incontro di pallacanestro; altrettanto significative sono il moltiplicarsi dell’immagini che si riflettono come nell’opera di De Palma, nei monitor e negli schermi, simbolo dei poliedrici punti di vista), il film assume l’andamento di un prodotto dall’ipervelocità para-televisiva, complice il mood musicale del veterano Lalo Schifrin (già compositore del serial Rush Hour). In After the sunset, come nelle pellicole precedenti, Ratner insiste con il suo cavallo di battaglia, manifestando la simpatia per l’action, ma strizzando l’occhio al giallo e alla commedia rosa. Il regista inserisce brevi sketch parodistici – la screwball comedy, la slapstik comedies di Mack Sennett - come dei corpi estranei all’interno di un action film commedico. Infatti sono presenti elementi che rimandano principalmente alle atmosfere delle commedie degli anni ’30 e ‘40. Un grande coacervo di generi al servizio di un prodotto puramente derivativo. Al centro del plot, una romantica coppia di ricchi eccentrici ladri, ritratti spesso con toni da slapstick. Il mago del furto, “re degli alibi” Max/Pierce Brosnan, è in ritiro per quiescenza a Paradise Island nelle Bahamas, dopo l’ultimo colpo andato a buon fine con la compagna/complice Lola/Salma Hayek. Ma sull’isola arriva anche l’agente dell’Fbi Stan/Woody Harrelson, che da ben 7 anni gli dà inutilmente la caccia. Stan è convinto che la tranquillità della coppia sia solo un pretesto, perché a Paradise Island sta arrivando il terzo diamante Napoleone, ospite di una mostra galleggiante su una nave da crociera. A complicare il tutto ci mette lo zampino anche il cattivo boss locale Mooré /Don Cheadle, che ha messo gli occhi sul diamante per continuare i suoi loschi traffici. La pellicola ripropone il classico repertorio dell’action-film, mostrando tutti i suoi clichés (spiagge caraibiche, belle ragazze, l’eroe muscoloso e il suo antagonista, repentine esplosioni di automobili di lusso), specchietto per l’allodole nell’era del pubblico di MTV. Hollywood cerca di declinare in termini un po’ particolari l’action, seguendo la moda del mescolamento, mettendo in primo piano la commedia rosa e ironica che gioca con i luoghi comuni dell’American way (“Siamo della gente per bene e la gente per bene mangia omelette la mattina!” dice Lola; oppure “voglio una vita con i tramonti… sposami!”; e ancora “Ci siamo ritirati la sfida è trovare piacere nelle piccole cose”); ma la banalizzazione dell’intreccio fa di After the sunset un oggetto ai limiti della parodia, niente a che vedere con le sofisticate suggestioni e il trionfo di valori tradizionali di Frank Capra. Il fattore sorpresa del finale, tra giochi di specchi e false identità, tiene sveglia l’attenzione del pubblico, anche se è giusto constatare che dal punto di vista del linguaggio il film non ha nulla di memorabile, se ci si accontenta del ritmo e della in/consistenza di immagini sparate senza criterio. Dato l’assunto, le conclusioni le conoscete già…
Articolo del
11/04/2005 -
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