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Meglio chiarire subito: il film non mi è piaciuto. Risulta carino, nulla di più, e sembra che il regista non cerchi altro che intrattenere lo spettatore brandendo l’esca della filosofia e della “poesia” a buon mercato, senza incidere davvero sui meccanismi di riflessione e pensiero, ricorrendo al luogo comune più comune che ci sia: meglio vivere con una bella figa in un casolare in campagna componendo sculture con i chiodi e i bulloni piuttosto che lavorare come geometra al comune e continuare a vivere con la mamma. Grazie, ci voleva veramente che qualcuno ci aprisse veramente gli occhi! La questione è che oggi, a ben vedere, i concorsi pubblici non si fanno quasi più (le disastrose condizioni delle pubbliche finanze hanno indotto una sostanziale paralisi delle procedure di reclutamento) e nel settore privato proliferano le occupazioni “a progetto” (cioè le vecchie fregature a tempo molto determinato “co.co.co.”) e imperversano striscianti le casse integrazioni. La questione è che oggi i chiodi e i bulloni si incollano, casomai, per tirare su qualche soldo, più che per vivere una vita libera da ogni condizionamento, e che intere generazioni continuano ad abbandonare le città e le campagne del sud. In poche parole, non dico che il dilemma artista o impiegato sia assolutamente desueto ma certo in questi tempi di sottoccupazioni precarie sarebbe meglio poetizzare su qualcos’altro. Stupisce proprio per questo la presenza tra gli sceneggiatori, oltre allo stesso D’Alatri, di uno scrittore a cui il mestiere e la coscienza sociale non mancano: Domenico Starnone. E poi, uno sguardo un po’ più attento avrebbe meritato anche la realtà burocratica che nel film, forse in maniera voluta, risulta sin troppo stereotipata. Lavoro da dieci anni nella pubblica amministrazione e mi sento di dire che tutto è più complesso e variegato di quanto non si voglia lasciare intendere, anche dallo stesso D’Alatri. Nella nostra pubblica amministrazione (forse in qualunque amministrazione pubblica) lavorano almeno quattro tipologie di persone: quelli che non saprebbero fare altro (perché inabili a qualsiasi altra occupazione, la maggior parte?), quelli che non potrebbero fare altro (perché privi di una vocazione o di una passione precisa, seppur nella norma in quanto a capacità intellettive…), quelli che non dovrebbero fare altro (perché lavorare per lo Stato e per la comunità è il loro mestiere, la loro missione, e ringraziamo dio o chi per lui che gente così esiste ancora), quelli che non vorrebbero fare altro (perché l’amministrazione pubblica offre possibilità a tutti e, soprattutto di questi tempi, va di moda parlarne male ma approfittarne per mangiare a quattro palmenti!). Dal punto di vista cinematografico, poi, il film scorre pulito e indolore, come una carezza televisiva: niente giochi di montaggio, luci naturali, giusto qualche espediente di animazione per le rappresentazioni oniriche, che donano al film almeno qualcosa di insolito dal punto di vista figurativo. Un film per quindicenni, insomma, per quell’età in cui ci si muove in uno spazio infinito, in cui il tempo è eternità, in cui si è convinti di poter fare (bene) qualsiasi cosa e in cui si presta orecchio solamente al rumore incessante del corpo che cresce: tutto il resto, in quegli anni, è noia. Tra i trenta e i quaranta l’orizzonte cambia: l’eternità è tutt’al più un atto di fede e lo spazio assume contorni più definiti, si diventa anche un po’ rompicoglioni ma, in compenso, lo sguardo riesce a cogliere meglio il contesto e non si accontenta più di sfuggenti semplificazioni… Merita di essere menzionata, questa sì, la colonna sonora, che alterna brani originali a canzoni dei Negramaro: ben otto i pezzi della rock band salentina scelti da D’Alatri per comporre il suono del film e la voce di Giuliano Sangiorgi, vocal leader del gruppo, accompagna in maniera molto intensa le sequenze migliori del film. In particolare, “Mentre Tutto Scorre”, canzone con cui i Negramaro hanno vinto il Premio della Critica Radio & TV alla 55esima edizione del Festival di Sanremo, è proprio la title track del film. D’altro canto, D’Alatri aveva scelto già i Negramaro per lo spot del cinquantesimo anniversario della RAI, con la canzone “Come sempre”, e la collaborazione sembra proprio procedere nel verso giusto. Fabio Volo? Perfetto per il ruolo, funziona sempre.
Articolo del
25/04/2005 -
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