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L’ora del documentario si avvicina. È terminata l’epoca in cui il documentario veniva considerato un genere minore. In questi ultimi anni sono infatti numerosi i documenti visivi presenti nei maggiori festival internazionali che hanno fatto incetta di premi, rivelando così le potenzialità artistiche e l’appeal sul pubblico (ricordate Quentin Tarantino che consegna la Palma d’Oro a Michael Moore per Fahrenheit 9/11 all’ultimo Festival di Cannes?). Il cinema non è più quindi solo “fiction”, come dimostrano i successi di molti recenti docufilm. Purtroppo lo sdoganamento distributivo di questo genere artistico, nel senso di uno sfruttamento che non comprenda solamente il mercato home video o televisivo, rimane – per il momento – un’incognita, a causa della preoccupante crisi del settore distributivo italiano e anche di quello estero. Un vero peccato per film come I ragazzi della Panaria di Nello Correale, documentario che sta facendo il giro dei più importanti festival internazionali, in Italia è stato presentato al 22° Torino Film Festival (candidato al prossimo David di Donatello), perché soltanto pochi eletti avranno il piacere di vederlo; ma tenete gli occhi aperti quasi sicuramente lo si potrà recuperare tra i canali di Sky… Nello Correale è sceneggiatore e autore che ha percorso parallelamente nella sua carriera le due anime del cinema (finzione/documentario); con questa pellicola pesca fotogrammi storici dagli archivi dell’ottantenne principe Francesco Alliata, unico sopravissuto dei “ragazzi della Panaria”. Una pagina del cinema italiano poco conosciuta al di fuori degli studiosi di cinema: ai nostri giorni si gira un documentario a colori (il colore segna il passaggio del tempo) attraverso l’intervista al principe si ricostruisce la storia, la breve ma intensa storia dell’omonima casa di produzione siciliana, lungo il crinale del tempo, nella Sicilia e nel cinema italiano del dopoguerra. Siamo nella seconda metà degli anni Quaranta, quando quattro aristocratici ragazzi siciliani, si improvvisano produttori dando vita alla Panaria Film, una delle poche testimonianze di cinema ideato e realizzato in Sicilia (è difficile non accostare questa esperienza cinematografica a quella realizzata dal duo siciliano Ciprì e Maresco negli anni ’90). Dell’intero film, i momenti migliori restano le eloquenti interviste al protagonista principe Alliata, un vero affabulatore e filo conduttore della storia. Le opere della Panaria Film sono tutte molto curiose e all’insegna della sperimentazione delle tecniche di ripresa, i primi documenti visivi mettono in scena realisticamente le attività tipiche della Sicilia, come Tonnara, primo in assoluto di questo ciclo, che riprende la mattanza dei tonni. Il successo non tarderà ad arrivare, grazie all’aiuto di Roberto Rossellini cugino di Renzino Avanzo, uno dei quattro ragazzi siciliani (tutte le musiche dei documentari della Panaria Film sono imbevute delle musiche di Renzo Rossellini, fratello di Roberto). Nel 1949 grazie a lui, gli amici siciliani poterono realizzare la prima grande produzione e girare Vulcano, protagonista della pellicola Anna Magnani, all’epoca compagna di Rossellini. Ma la storia vuole che Rossellini conoscerà la star americana, l’attrice svedese Ingrid Bergam, complice la sua lettera galeotta, che lo pregava di farlo lavorare con lui, così lascerà la Magnani e il set di Vulcano… Nel frattempo scoppierà quella che la vulgata chiama “La guerra dei vulcani”: una grande competizione tra i due film, da un lato Rossellini con Vulcano e dall’altro I ragazzi della Panaria con Stromboli (regia di William Dieterle), due produzioni che si fanno guerra a ritmo di spiate e colpi di scena. Le sfortune per i ragazzi siciliani, non finiscono qui, Stromboli terminerà un mese prima di Vulcano, ma durante la presentazione della prima al cinema romano Fiamma, esattamente nel II tempo, molti giornalisti lasceranno prematuramente la sala per una strana coincidenza, la diffusione della nascita di Robertino Junior, il figlio dello Stromboli in tutti i sensi... Dopo l’insuccesso del film, i ragazzi abbandonarono il sogno utopico di realizzare film in Sicilia. Il film successivo La carrozza d’oro, fu realizzato interamente negli studi di Cinecittà, la regia prima fu affidata a Luchino Visconti, poi dopo i disaccordi in fase di stesura della sceneggiatura, venne diretto da Jean Renoir (Renoir era stato il maestro di Visconti). Una bellissima pellicola sull’ambiguità del rapporto tra arte e potere. Dopo la Carrozza d’oro, girarono sul Mar Rosso Il Sesto continente, il primo documentario subacqueo a colori (regia di Folco Quilici) e poi ancora un’altra avventura, la realizzazione di uno dei primi documentari girati nei villaggi turistici di Cefalù. La Panaria Film chiuse a metà degli anni ’50. «Ce ne siamo andati ognuno per la propria strada, con l’idea che si fosse chiuso un ciclo, quello del grande cinema italiano» dice Alliata alla conferenza stampa. E ancora «Abbiamo dimenticato tutto per trentacinque anni…», ora c’è una riscoperta grazie a una serie di iniziative (mostre fotografiche), tesi di laurea e soprattutto al lavoro del Tribeca Film Festival di Robert De Niro (New York) che ha proiettato la versione restaurata di Vulcano, un documentario che diventa documento per le generazioni future. Vulcano ha ripreso così il mercato Americano, sogno utopico dei quattro ragazzi: un omaggio alla Sicilia, al cinema e a tutti gli uomini di cinema, che spesso col cinema si sono anche rovinati…
Articolo del
25/04/2005 -
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