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E’ un momento, questo, in cui il cinema documentario è in grande espansione, e qualche volta con un po’ di fortuna riesce ad andare nelle sale. Purtroppo non è il caso di Bellissime, il documentario della Gagliardo presentato a Venezia 61 (2004), fuori concorso nella sezione digitale, la cui distribuzione è stata prevista solo in DVD. La pellicola è un didattico excursus storico, valido supporto di riflessione tra le immagini e le persone, che ripercorre le tappe fondamentali dell’universo femminile dalla fine dell’Ottocento agli anni ’70. Un omaggio a tutte le madri della storia del XX Secolo: ci sono regine e maestrine, politiche e infermiere, letterate e operaie, fasciste e partigiane, nessuna viene esclusa dalla logica binaria. Il linguaggio cinematografico della Gagliardo si prefigge di parlare di una Storia che è ancora, per molti aspetti, poco nota, l’“altra” storia, appunto perché la storia delle donne fa parte, poco o nulla di quella “ufficiale”. Su queste basi, negli ultimi quaranta anni – in Italia solo di recente – si è avuta una proliferazione di studi dedicati alla questione femminile. Il docu-drama si inserisce a pieno titolo in questa ricerca. L’autrice smonta e rimonta materiale d’epoca, pescando nel magma vitale degli archivi dell’Istituto Luce (cinegiornali, documentari). Attraverso un lungo lavoro di ricerca e di montaggio negli archivi la Gagliardo ci restituisce l’”Altra” storia d’Italia del Novecento. Leitmotiv della pellicola è la donna, soggetto che, più degli altri, proprio in questo secolo è mutato, si è evoluto, ha indicato un sorprendente percorso di emancipazione. Un’interpretazione storica oggettiva, che fugge dall’ideologia femminista militante ma anche dalla facile retorica di certi documentari commissionati, costruendo un linguaggio personale, che esprime forte il senso di una autorialità. Infatti accanto ai materiali della realtà (cinegiornali, documentari) la Gagliardo lavora su materiali di finzione, alcuni film che hanno fatto la storia del cinema italiano. Allega un suo significante omaggio al cinema, arte per eccellenza del Novecento. Ecco allora Monica Vitti, che presta il suo volto a una figura femminile tipica di questo secolo: la borghese, che anticipa i primi sintomi del disagio della civiltà, protagonista dei film degli anni ‘60 di Antonioni; Stefania Sandrelli invece, con Sedotta e abbandonata è l’icona di questo nuovo cinema denuncia che avrà il suo apice negli anni 70; e ancora fotogrammi di storie della Mangano, della Magnani (di cui vediamo frammenti di Bellissima di Visconti). Alle immagini del passato, in bianco e nero dell’Istituto Luce si inseriscono tre interviste inedite a colori, girate nei nostri giorni, segno di poliedrici punti di vista e di spogliamento ideologico della realtà: Raffaella Duelli, ex X-Mas, fedele soldatessa ausiliaria di Mussolini e dei tedeschi, che racconta con lucidità di non essersi pentita e di non aver mai pensato di essere dalla parte sbagliata; l’ex partigiana Bianca Guidetti Serra e Nadia Spano, madre della nostra democrazia, una delle 21 componenti della prima assemblea costituente che ha condotto le donne al voto. Una voice-over - la Gagliardo stessa, che si alterna con la voce di Aurora Cacciara - commenta le immagini non piegandosi mai al didascalismo, si avvicenda un mood musicale mai prevedibile, che aggiunge un surplus di senso al ritmo delle immagini: da "O’ surdato ’nnammurato", la canzone d’amore popolare, di donne del sud, che durante la prima guerra mondiale, piangono i loro compagni, partiti per la causa triestina, di cui non conoscono nemmeno l’esistenza; alla scandalosa Mina, ragazza madre, censurata dalla RAI; infine " Nessuno mi può giudicare" cantata da Caterina Caselli negli anni ’70 nell’ultimo episodio, quasi omonimo Nessuno le può giudicare. “Bellissime sono le madri e le nostre nonne che hanno preparato il terreno ai nostri privilegi e alle nostre conquiste” ci ricorda la Gagliardo in un intervista.
Articolo del
04/05/2005 -
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