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Diverse ore in compagnia di Fidel, nessun taglio “imposto”, riprese (quasi) amatoriali, giochini di post-produzione. Questo è Comandante, in estrema sintesi. In un’ottica di genere non credo si possa parlare di “documentario”, in senso stretto, cioè nobile, del termine. Comandante, infatti, documenta poco o niente, se non brandelli di vita vissuta del lìder màximo: le prolungate masticazioni a tavola, un paio di battute ironiche (come quella sul viagra per attentare alla vita del comandante…), la disinvoltura nei rapporti con la gente, l’affetto popolare che lo circonda (nonostante tutto e tutti), la stanchezza per una vita comunque in prima linea, la passione per oggetti semplici da esporre nella libreria dello studio (il busto di napoleone?!). Per il resto, nessuna verità sconvolgente, nessuno spunto serio di riflessione. Oliver Stone si abbraccia spesso con Fidel ma non lo mette quasi mai in difficoltà, se non su affari privati di dubbio gusto (i suoi rapporti con la interprete, le sue storie di donne, la sua attività fisica etc.). Manifestare le proprie opinioni, ovviamente, non è sbagliato ma avere a disposizione Fidel per un bel po’ di ore meriterebbe veramente altro impegno. Sarebbe bastato partire da una frase semplice semplice del lìder cubano, “c’è una evidente contraddizione tra la grandezza della rivoluzione cubana e le dimensioni di questa piccola isola”, per aprire una riflessione seria e importante non solo sulla storia dell’isola caraibica ma sul mondo, oggi, dopo le torri gemelle e le nuove teorie sui rapporti tra popoli e ideologie, vecchie e nuove. Ma Stone non approfondisce, così come non approfondisce i rapporti col Che, icona abusata ma poco conosciuta, oppure la storia della dissidenza cubana, o i rapporti tra le superpotenze, quando ancora ne esistevano almeno due. Quindi, documentario superficiale e poco incisivo. Ad un livello squisitamente filmico, nessuna invenzione, anzi: il montaggio, con immagini di repertorio e fotografie turistiche de La Habana, disturba lo spettatore con la sua esagerata intromissione nei discorsi di Castro, fa perdere il filo del discorso a chi non conosce lo spagnolo (chi scrive si è salvato proprio grazie alla conoscenza della lingua…) e si trova costretto a seguire i sottotitoli. Cosa resta? La consolazione di vedere sugli schermi una pellicola che negli Stati Uniti persino la ribelle rete televisiva via cavo HBO ha rifiutato e che l’ipocrita, e inutile, embargo mondiale vorrebbe relegare nel magazzino dei brutti pensieri. Resta Fidel, con le sue certezze (molte, forse sin troppe) e i suoi dubbi, pochi ma significativi: “avremmo potuto fare meglio, di più, considerando soprattutto le nuove possibilità…”.
Articolo del
09/05/2005 -
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